«La montagna è venuta giù come a Sarno»

Il pianto di Orsola, sopravvissuta con la piccola Stella

«La montagna è venuta giù come a Sarno»

da Ischia

A mezzogiorno arriva nella corsia dell'ospedale Rizzoli di Ischia, la piccola Stella, 3 anni, salvata dalla grande frana, dal suo lettino a sbarre. Le va incontro zia Orsola, ancora in vestaglia, scampata anche lei alla tragedia dell'Arenella. La donna stringe a sé la piccola: quello che resta della sua famiglia, è tutto lì, tra le sue braccia. La donna ha perso il marito Luigi Buono, 53 anni, le figlie, Anna, 20 anni, Maria, 17 e Giulia, studentessa di terza media di 13 anni. Orsola abbraccia e bacia quel piccolo miracolo, cerca di contenere il suo dolore per dare conforto alla bambina.
Ma, la rabbia della donna, esplode poco dopo, quando, in ospedale arriva il fratello, Antonio Migliaccio. Le urla e i pianti superano il reparto dove Orsola è stata portata. Invoca a uno a uno i suoi cari, schiacciati dalla frana.
Sul luogo del dolore, quando ormai il fiume di fango si è fermato, testimoni e soccorritori osservano muti lo spettacolo surreale che si presenta ai loro occhi. Il dipendente di una ditta incaricata per la raccolta dei rifiuti, Pasquale Giacca, racconta con un filo di voce. «Quando ho visto quel fiume di fango travolgere ogni cosa, mi sono subito venute alla mente, l'alluvione di Sarno, immagini tante volte viste in tv. Ho avuto paura, ho subito capito che quell’onda di detriti e melma avrebbe provocato morte e distruzione».
«Abbiamo visto la montagna che veniva giù, mentre travolgeva ogni cosa che trovava lungo il suo percorso», racconta un altro giovane testimone, che abita poco distante dalla villetta dei Buono. Un poliziotto, uno dei tanti soccorritori arrivati ieri all'Arenella, Pantaleo Lo Russo, racconta «Io e un mio collega siamo stati costretti ad abbandonare l'auto del commissariato e proseguire a piedi, per arrivare alla villetta abbattuta dalla frana. Ma raggiungerla non è stato facile: affondavamo nel fango, sembravano sabbie mobili».
Lo Russo rivela il terribile momento vissuto quando un altro costone si è staccato dal Monte Vezzi. «Il mio collega l'ho perso di vista, mi sono ritrovato a fianco di un vigile del fuoco mentre vedevo altri soccorritori che cercavano di mettersi in salvo. Ci siamo messi in salvo aggrappandoci a un albero.

Una volta riusciti a tirarci fuori dal fango, abbiamo raggiunto il tetto di una casa e li siamo rimasti fino a quando il peggio è passato. Ma, subito dopo siamo tornati ad aiutare gli altri soccorritori, che ancora cercavano corpi tra le macerie».

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