Montecarlo, la delega di Fini: l'ipotesi fondi neri

Sul contratto con la società offshore c'è la firma di Pontone, autorizzato dall'allora leader di An. I magistrati lavorano anche all'ipotesi di creazione di fondi neri. Scontro tra Raisi e La Russa. La denuncia de La Destra

Montecarlo, la delega di Fini: l'ipotesi fondi neri

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

Montecarlo - Ecco il documento che smentisce le truppe finiane, imbarazzate quanto e più del loro capo, sulla vicenda del­la casa monegasca, ereditata da An, venduta a una finanziaria off-shore e da questa a un’altra, e infine affittata al «cognato» di Gianfranco Fini, Giancarlo Tulliani. Che, da parte sua, non ha ancora detto quanto pa­ga di pigione per il quartierino all’estero.

Nel botta e risposta di ieri tra il depu­tato finiano Enzo Raisi e il ministro del­la Difesa Ignazio La Russa, il primo ha puntato il dito sul secondo, sostenen­do che è una «barzelletta» pensare che La Russa «che era amministratore dele­gato del partito» all’epoca della cessio­ne sostenga di non saperne nulla. E il secondo ha invitato Raisi a far pubblica­­re l’atto sul Secolo d’Italia . Per sedare la baruffa,la copia dell’attola pubblichia­mo noi. Come già rimarcato su queste pagine martedì scorso con abbondan­za di dettagli, quell’atto depositato presso la conservatoria del Principato venne rogitato l’11 luglio del 2008 a Montecarlo, nello studio del notaio Paul-Louis Aureglia. Che nella prima pagina annota come «sia comparso» per concludere l’affare, come vendito­re, Francesco Pontone, senatore di An, poi del Pdl e ora di Fli. E annota pure come mai Pontone (la cui firma ben leg­gibile è sull’ultima pagina del contrat­to, accanto a quelle di Izelaar e di Wal­fenzao per conto della finanziaria off­shore Printemps, vedi sotto) era lì ad agire «in nome e per conto» di An. Non perché ce l’avesse mandato il «colon­nello- Ad»La Russa,ma«in virtù –si leg­ge nell’atto – dei poteri generali che gli sono stati conferiti, in particolare allo scopo di disporre dei beni sociali, dal signor Gianfranco Fini, in qualità di presidente della suddetta associazio­ne, ai sensi di una procura generale ri­cevuta da Mario Enzo Romano, notaio in Roma, il primo dicembre 2004».

Tant’è:visto,si (s)venda.La Russa sa­rà anche stato primus inter pares e più primus di Fini, in quel 2008. L’assem­blea del partito che approvò il bilancio dell’anno avrà certamente avuto un ge­nerale attacco di distrazione. Ma l’ affai­re monegasco viene perfezionato dalla firma del senatore finiano Pontone, for­te della procura a lui conferita dal lea­der Fini. Finiano pure lui, ça va sans di­re .

E così il colpo di coda dei fedelissimi di Gianfranco è una bella, quasi tenera prova di autodifesa offensiva. Che pur­troppo, smentita dalle carte, finisce in autogol.

Lo sforzo non è mancato. E non si è impegnato il solo Raisi. La collega Fla­via Perina, onorevole direttore del Seco­lo d’Italia , di fronte al rumoroso silen­zio del presidente della Camera, in un’intervista a Repubblica straparla di dossieraggi alla Pecorelli e di documen­ti tenuti nei cassetti dal Giornale . Certa­mente senza sapere che l’inchiesta giornalistica – come dimostrerà l’in­chiesta giudiziaria avviata dalla procu­ra di Roma, che indaga per truffa aggra­vata e, da ieri,ipotizza anche la creazio­ne di fondi neri dietro quella vendita – è stata lavorata, a fatica, solo alla fine di luglio.

E dunque non è degno di nota, per gli esponenti di Fli, in che modo la casa di boulevard Princesse Charlotte 14 sia fi­nita affittata proprio al fratello di Elisa­betta Tulliani, compagna di Fini. Ed è la cosa più normale del mondo che un partito politico alieni una proprietà im­mo­biliare vendendola a una società off­shore con sede ai Caraibi, dove l’acqua è certo più trasparente delle operazio­ni finanziarie. Tanto da far sospettare ai pm romani che dietro quei rimbalzi si possano celare fondi neri.D’altra par­te, se persino Raisi sostiene che si tratti di un solare stratagemma per evitare che i finanzieri bussino a casa dell’ac­quirente, il venditore (cioè An) dovreb­be sapere chi è il reale proprietario, quello che si nasconde dietro alle socie­tà Printemps e Timara. Anche conside­rando che l’affare per il partito non è stato fruttuoso. Il Giornale ha rivelato che alcuni per comprare quella casa ar­rivarono a mettere sul piatto 1,5 milio­ni di euro. E An rifiutò. Perché? Un det­taglio confermato dal parlamentare Antonio Caruso, che nel 2001 ricevette una proposta di 6 milioni di franchi francesi (un milione di euro) da uno studio notarile. E vidimato da una si­gnora che abita nel Palais Milton (il pa­lazzo che ospita la casa di Tulliani), che a SkyTg24 ha raccontato di un inquili­no a cui, in risposta a una proposta di acquisto dell’appartamento per un mi­lione di euro, sarebbe stato detto che «è stato venduto a un personaggio della televisione italiana». Sarà una coinci­denza che Tulliani, di mestiere, abbia fatto anche il produttore televisivo? E un altro vicino di casa del «cognato» di Fini, Fabrizio Torta, ha aperto le porte della sua abitazione alle telecamere di Sky , spiegando che il suo appartamen­to, 60 metri quadri, è gemello di quello ereditato e poi venduto da An, che an­che lui l’ha ricevuto per successione ereditaria.

E, soprattutto, che gli agenti immobiliari che hanno fatto una stima della sua casa hanno calcolato come va­lore fino a 30mila euro a metro quadro. Questo vorrebbe dire, trasferendo le ci­fre al piano di sotto, che An vendendo a 300mila euro ha fatto beneficenza. Ma a chi?

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