Montecarlo, vogliono insabbiare la casa dei Fini

Dalla procura filtra un'indiscrezione: "Il prezzo è congruo". Ma i pm poi precisano: "Il riferimento è agli atti del 1999 e non alla vendita del 2008". La notizia errata non spegne però i boatos secondo cui sarà messo tutto a tacere. Storace: "Non ci fermeremo". L'editoriale di Massimo de' Manzoni

Montecarlo, vogliono insabbiare la casa dei Fini

di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica

Ok, il prezzo è giusto. Anzi no. L’imbarazzo della procu­ra di Roma (che sin dall’inizio di questa storia è sembrata in­tenzionata a frenare a pres­cin­dere sulla vicenda dell’appar­tamento di Montecarlo) dopo l’arrivo delle ultime carte dal Principato, quelle sul valore della casa, s’è tramutata in un comico qui pro quo che ha trat­to in inganno persino un trop­po ben informato Gianfranco Fini e i suoi fedelissimi: son passati dal godimento per il presunto sbugiardamento della presunta «macchina del fango» al comico imbarazzo per il dietro front dei magistra­ti. Tutto nasce perché nel pa­l­azzo di giustizia capitolino so­no arrivati, finalmente, i docu­menti richiesti con l’integra­zione della rogatoria. Carte re­lative al cuore dell’inchiesta, che indaga sulla congruità del prezzo di vendita dell’immo­bile. Immediata l’indiscrezio­ne: ci sarebbe difformità tra il valore reale dell’immobile e il prezzo registrato a luglio del 2008, quei 300mila euro versa­ti ad An dalla società off-shore Printemps. I responsabili del­­l’inchiesta, però, non si sbotto­nano.

Nessuno parla di cifre, tutti fanno il gioco del silenzio fino a quando filtra un detta­glio, finalizzato a escludere, al­lo stato, che nel fascicolo si possano ipotizzare reati fisca­li. Sul punto, infatti, la procu­ra chiarisce che il fisco mone­gasco non aveva sollevato obiezioni di sorta quando An, che nel ’99 aveva ereditato l’appartamento, ne dichiarò la valutazione al momento della successione nel Princi­pato. Una precisazione che, ov­viamente, non c’entra niente con le compravendite, ma semmai ha a che vedere con il pagamento di imposte succes­sorie a Montecarlo. Tanto che sempre fonti della procura chiariscono poi che per accla­r­are la questione della congru­ità del prezzo di vendita con una fonte «istituzionale», gli inquirenti hanno richiesto al Principato una sorta di tabel­la, con il valore immobiliare medio di appartamenti com­parabili a quello di boulevard Princesse Charlotte, 14. E quello schema, che riporta i valori e gli incrementi negli an­ni, sarebbe nelle cento pagine giunte due giorni fa a Roma. Lo avrebbe redatto l’ufficio monegasco preposto a regi­strare tutti i rogiti di compra­vendita immobiliare. E sì, iva­lori desumibili sarebbero dif­formi dal prezzo a cui An ha venduto.

Di quanto, però, nes­suno vuol dirlo. Chissà per­ché... Mentre la notizia che inte­ressa alla procura resta dun­que confinata in quel fascico­lo, che procuratore capo e pm hanno spedito all’ufficio tra­duzioni, è l’implicito «placet» fiscale del ’99 a mandare in tilt le solerti agenzie di stampa. «Casa An: Montecarlo, con­gruo valore passaggio proprie­tà »,titola l’ A nsa , ma il passag­gio di proprietà c’entra come i cavoli a merenda e, passato il momento d’euforia dei finia­ni, è la stessa procura di Roma che si vede costretta a una ra­pida precisazione a mezzo delle stesse agenzie: «Si preci­sa che la congruità, secondo le autorità di Montecarlo, del valore dell’immobile di Boule­vard Princesse Charlotte 14 fa riferimento all’atto di succes­sione nel ’ 99 quando An entrò in possesso del bene ricevuto dalla contessa Anna Maria Colleoni e non al passaggio di proprietà dello stesso apparta­mento quando venne ceduto nel 2008 da An». Degli exultet finiani a com­mento della prima versione resta, però, il peso di un «vati­cinio » espresso dal presiden­te della Camera, che avrebbe manifestato il suo convinci­mento di una prossima archi­viazione. Convincimento ba­sato su quali elementi - buoni canali informativi o «l’aria che tira» - non è però dato sa­pere. Di certo anche France­sco Storace, leader della De­stra, a cui appartengono i due autori dell’esposto che ha in­nescato le indagini, ieri paven­tava la prematura scomparsa del fascicolo d’inchiesta. Av­vertendo che, in quel caso, lui e i suoi uomini, avranno la possibilità di verificare con quanto zelo la procura di Ro­ma ha approfondito la vicen­da monegasca, annunciando minacciosamente «indagini difensive di parte, come previ­sto dal codice». Al di là degli auspici finiani e dei timori storaciani, in ef­fetti come detto le modalità scelte dai magistrati romani per questa indagine sembra­no quantomeno insolite. E addirittura inspiegabile ap­pare la decisione di non con­vocare Giancarlo Tulliani, il cognato di Fini, non solo affit­tuario dell’appartamento, ma indicato come proprieta­rio di fatto delle società off­shore che hanno comprato da An (e quindi proprietario anche della casa) secondo una lettera del governo di Sa­int Lucia. Il suo ruolo, infatti, è indiscutibilmente centrale, anche per l’unico aspetto che pare interessare ai pm roma­ni, la congruità del prezzo di vendita. Ed è lo stesso Fini a dirlo, indicando (nei suoi ot­to chiarimenti di agosto e poi nel videomessaggio di fine settembre) in Tulliani il «pro­cacciatore »dell’affare.

Il«co­gnato »presentò l’offerta d’ac­quisto della Printemps ad An, e il prezzo era già stabili­to, tanto che i generici «uffici di An» citati da Fini reputaro­no congrua quella sommetta in quanto superiore alla fa­mosa valutazione, quella che nel ’99 non fece storcere il na­so al fisco. Non voler ascolta­re Tulliani, dunque, appare come un segnale di scarsa vo­lontà di approfondimento. E se davvero le carte dell’ulti­ma rogatoria provano «uffi­cialmente » quello che da me­si è chiaro a tutti (ossia che il valore di mercato di quella ca­sa n­el 2008 era certamente su­periore a 300mila euro) gra­zie a testimonianze, perizie e comparazioni tra immobili si­mili, il dettaglio potrebbe fini­re per essere l’unico ostacolo a quell’archiviazione che Fi­ni annusa nell’aria.

Forse confidando anche nel nuovo feeling con la magistratura, oggetto costante negli ultimi tempi di dichiarazioni di sti­ma se non di affetto. Chissà se come dice Fini «qualcuno ora dovrà pagare». E chissà se potrà farlo in lire, magari alle quotazioni del 1999.
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

massimo.malpica@ilgiornale.it

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