Montezemolo "licenzia" Prodi

"Basta privilegi, servono azioni più audaci e trasversali". Al governo: "Basta tasse, tenetevi gli incentivi. Chi ha senso dello Stato fa scelte decisive"

Montezemolo "licenzia" Prodi

Roma - Vicenza è lontana. Le primarie ancora di più. Luca Cordero di Montezemolo ha smesso da tempo di nascondere nei salotti la propria delusione nei confronti di Prodi e la sua maggioranza. E ora lo dice pubblicamente nella sua ultima assemblea da presidente della Confindustria. Fausto Bertinotti aveva definito «impresentabile» l’attuale capitalismo italiano. Il leader degli industriali rileva che «impresentabile è chi non risolve i problemi». Prodi si incupisce sempre di più a ogni pagina della relazione. E le pagine sono 37. «Montezemolo scende in politica? - commenta il presidente del Consiglio - Semmai sale». «Per il momento - replica Montezemolo - salgo in macchina».

Il suo intervento, però, battute a parte, è un vero e proprio manifesto politico. Spinge l’attuale classe politica a introdurre cambiamenti, ad assumere «scelte coraggiose i cui risultati si vedranno fra otto o dieci anni. Questo significa avere il senso dello Stato». Scelte che sa benissimo che l’attuale maggioranza non può digerire: premierato, legge elettorale «competitiva», pensioni, tasse. Senza queste scelte, senza questi cambiamenti, il Paese arretra: «Con una classe politica che tende sempre più a galleggiare in attesa della consultazione elettorale successiva. E ogni riforma elettorale finisce per premiare proprio quelli che non l’hanno votata».

In un’azienda - dicono in Confindustria - se la governance non funziona, se è un peso per l’impresa, per primo si cambia l’amministratore delegato; poi si ristruttura l’azienda. E Montezemolo vuole cambiare l’amministratore delegato del governo, cioè Prodi; e poi avviare «la riforma delle istituzioni, della macchina amministrativa e della politica». Tutti costi per l’azienda-Italia. «La politica è la prima azienda italiana con quasi 180mila eletti. Con un costo che supera nel complesso quelle di Francia, Gran Bretagna, Germania e Spagna messi insieme. Il sistema dei partiti costa al contribuente 200 milioni. Per un costo complessivo vicino ai 4 miliardi di euro».

Montezemolo immagina che dal Palazzo partiranno accuse di antipolitica. «Non è così», precisa. «Ma un conto è rispettare la politica e i suoi costi, un altro è far finta di niente rispetto alla duplicazione di strutture, incarichi, prebende in carico alla collettività, a tutta una serie di privilegi che molti politici si autoassegnano». E propone un «business plan per l’abolizione delle Province».
Il «sogno» di Montezemolo è un Paese attraversato dalle riforme istituzionali, sociali, economiche, da realizzare entro il 2015. Come la Gran Bretagna di Blair, con la Francia di Sarkozy. Ma soprattutto come la Germania di Angela Merkel. La «Grande coalizione» sta ottenendo risultati importanti perché ha messo l’impresa al centro della strategia economica. E in Italia? Secondo Montezemolo, la divisione degli schieramento non corre più lungo il crinale di destra e sinistra. «Sono convinto che il confine passi ora lungo crinali molto diversi dal passato, seguendo linee spesso trasversali rispetto agli schieramenti politici». E polemicamente si chiede: è di destra o di sinistra battersi per liberalizzazioni, infrastrutture, sicurezza, scuola?
«La politica è forte quando sono forti le sue idee. La politica si indebolisce quando si rafforza il lato puramente amministrativo della gestione della cosa pubblica». Come sta avvenendo con il governo Prodi che ha moltiplicato il numero di ministri e sottosegretari.

Il manifesto di Montezemolo si chiude con un appello e una implicita candidatura. «È forte nell’opinione pubblica l’esigenza di un cambiamento che faccia sentire protagonista l’Italia reale.

Una società ricca di talenti. Le stanze della politica non possono continuare a essere così distanti». Per cambiare l’Italia, però, «serve capacità di leadership». Una mission impossible per Prodi. E Montezemolo fa un passo avanti.

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