Montezemolo allo scoperto: «Ma il mio non è un partito»

RomaLa notizia della bocciatura del Lodo Alfano da parte della Consulta arriva quando la presentazione ufficiale di Italia Futura, la nuova fondazione-think tank-contenitore di idee di Luca Cordero di Montezemolo, è già terminata. Certo, sul terrazzo di Palazzo Colonna le truppe rutelliane già prefiguravano scenari futuribili fatti di governi degli optimates guidati da Draghi, Fini e compagnia bella.
Quindi forse non è un caso che i principali speaker del convegno abbiano ripetuto come un mantra che non ci sono stravolgimenti alle viste. Lo ha ripetuto per ben due volte Montezemolo nel corso della sua introduzione: «Non abbiamo nulla a che fare né con un partito né con un movimento politico». E poi ha rincarato la dose sostenendo che «è inaccettabile che si rivolgano accuse di complotto contro chi vuole rendere più ricco e vivace il dibattito delle idee».
Un concetto ripreso anche dai due ospiti d’onore: il presidente della Camera Gianfranco Fini («non ho in mente nulla né grandi coalizioni né un partito con Montezemolo») e il vice Bersani Enrico Letta. Quest’ultimo incalzato da Enrico Lucci delle Iene ha smentito qualsiasi velleità di rifondazione democristiana: «E che facciamo un’ammucchiata, un’orgia?». L’assenza dei due principali sostenitori di un ipotetico «governo del presidente», Casini e Rutelli, ha calmato un po’ le acque. Sebbene i due fossero validamente rappresentati da Savino Pezzotta e Linda Lanzillotta.
Al di là delle excusationes non petitae, il presidente di Fiat e di Ferrari (dalla quale Italia Futura ha mutuato il bel rosso del logo) ha voluto sgomberare il campo dalle «ipotesi fantasiose che identificavano la nostra associazione come il laboratorio segreto di misteriose alchimie partitiche o peggio ancora come espressione di un oscuro complotto di salotti buoni, fortunatamente estinti da tempo». Anzi di più, «in Italia è in carica un governo pienamente legittimato da un ampio mandato elettorale, che io auspico completi la legislatura», ha sottolineato aggiungendo che «su molte questioni sta facendo bene».
Per chi non l’avesse ancora compreso, è il senso delle parole di Montezemolo, Italia Futura non è un oscuro Bilderberg. L’obiettivo è incentivare «un dibattito che arricchisca la democrazia» in quanto «la demonizzazione dell’interlocutore al contrario indebolisce tutto il sistema e fa sorgere il sospetto che dietro i toni urlati si nasconda solo l’insicurezza e il vuoto delle idee».
L’ex presidente di Confindustria, infatti, ha rilanciato alcune considerazioni che avevano contraddistinto il suo quadriennio a viale dell’Astronomia. «Chi tutti i giorni - ha osservato - si confronta con il proprio lavoro, con le sfide del mercato e della concorrenza ha il diritto e il dovere di dare un contributo al dibattito pubblico». È un appello alle classi dirigenti ad assumersi le proprie responsabilità e a non rinchiudersi nel «recinto delle proprie attività», simile a quello lanciato dal presidente Napolitano «al rispetto tra maggioranza e opposizione».
E la prima iniziativa di Italia Futura («L’Italia è un Paese bloccato. Muoviamoci!»), cui ne seguiranno delle nuove in altre città italiane, si sostanzia su un rapporto elaborato dall’economista ex Pd Irene Tinagli sulla scarsa mobilità sociale in Italia dove il 42% dei laureati in giurisprudenza è figlio di dottori in diritto. Per smuovere questo feudalesimo, Montezemolo ha ripreso la sua battaglia contro gli sprechi: taglio ai costi della politica e privatizzazione delle municipalizzate. Tinagli ha elaborato una serie di progetti di riforma: un fondo per l’educazione dei bambini e una serie di detassazioni per le giovani famiglie.
Non sono riforme a costo zero, perciò conclude Tinagli, «bisogna riallocare la spesa sociale a partire dalle pensioni». Un progetto ambizioso che nessun governo di centrodestra o di centrosinistra senza confliggere con i sindacati.

Eppure in platea il presidente dei Giovani di Confindustria, Federica Guidi, l’ex leader di Federmeccanica Massimo Calearo e i numeri uno di Ferrovie e Atlantia, Innocenzo Cipolletta e Gian Maria Gros-Pietro, non hanno battuto ciglio.

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