Santa Margherita Ligure - «L’Italia ha bisogno di una politica che torni a essere forte e di instaurare un rapporto virtuoso tra palazzo e Paese». Il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ha concluso la due giorni di Santa Margherita con un intervento pacato e didascalico. Argomentando punto per punto le tesi che aveva già esposto nel corso dell’assemblea della scorsa settimana. Il messaggio, infatti, aveva un destinatario particolare: il presidente del Consiglio, Romano Prodi, che in mattinata aveva dichiarato che dal presidente degli industriali si sarebbe aspettato una relazione meno politica.
«Avrei voluto sapere qualcosa di più sulle imprese e la situazione economica del Paese. Se vado a un’assemblea economica e non parlo soprattutto di problemi che mi competono, allora mi fischiano e sono messo ko», aveva detto. Montezemolo ha voluto così ribadire la sua natura principale: quella di imprenditore. «Quando elenchiamo una serie di problemi non dobbiamo sentirci rispondere con un’inesistente dietrologia senza discuterne nel merito». E proprio per mettere i puntini sulle «i» è voluto tornare su un tema caro ai giovani imprenditori di Confindustria: la riforma della legge elettorale. Lanciando una provocazione. «Abbiamo necessità di dare ai cittadini il miglior governo e scegliere chi mandare in Parlamento. Se questo non fosse possibile, la miccia del referendum sarebbe auspicabile e necessario che esplodesse come uno tsunami che diventerebbe l’unico strumento per portare la classe dirigente a decidere», ha sottolineato.
Nell’ottica di Viale dell’Astronomia, questa non è un’invasione di campo, ma solo una sollecitazione alla classe dirigente a risolvere un problema di governabilità determinato dalla confusione di ruoli e prerogative. Insomma Roma deve scegliere: modello spagnolo, francese o tedesco. Ma deve scegliere una volta per tutte. L’esempio è dato dalle amministrative. «Il Nord - ha aggiunto - ha segnalato un malessere diffuso perché c’è distanza crescente tra istanze di sviluppo, richieste di decisione e le risposte dei partiti».
Tutte queste considerazioni sono state sviluppate con dei precisi distinguo. Da una parte il «no al cinismo dell’antipolitica», dall’altra il «sì al diritto dovere di portare all’attenzione della politica delle situazioni centrali per la crescita del Paese». Montezemolo ha quindi rivendicato alla sua Confindustria l’aver messo in agenda temi importanti come liberalizzazioni, istruzione e misure per la crescita sottoscritti dal presidente Giorgio Napolitano e dal governatore di Bankitalia, Mario Draghi. Senza per questo scendere nell’agone. Di qui il plauso rivolto all’amministratore delegato del Lingotto. «Ha ragione Marchionne: l’impresa non deve far politica. Io l’ho detto tre anni fa che la Fiat ha sbagliato a non accettare concorrenti ai tempi dell’Alfa e dei giapponesi, perché l’impresa si basa sulla meritocrazia altrimenti muore».
Per questo motivo ha replicato ancora una volta alla sinistra radicale. «Un imprenditore non si mette in tasca il taglio del cuneo fiscale perché non sarebbe un vero imprenditore: lo userà per investirlo», ha ribadito. E sempre ritornando alle accuse prodiane, Montezemolo ha voluto ripetere che nel corso del suo mandato non sono mai stati tralasciati i difetti delle imprese italiane, da quelli dimensionali a quelli manageriali. Ma evidentemente, ha concluso, il presidente del Consiglio, nel giorno dell’assemblea degli industriali «aveva molte cose a cui pensare» e non se n’è accorto.
L’ultima sollecitazione, infatti, Montezemolo l’ha rivolta ai suoi iscritti. «Miglior qualità della vita in azienda, salari equi, forte coinvolgimento degli operai nei risultati, detassazione degli straordinari» insieme a un rafforzamento della contrattazione di secondo livello con un sindacato che «guardi avanti». Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni e quello dell’Ugl, Renata Polverini, hanno raccolto l’invito. Per la Cgil di Guglielmo Epifani quelle di Montezemolo sono «mezze verità».
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