Monti l’americano vuol cambiare gli italiani

Monti l’americano vuol cambiare gli italiani

RomaMonti plana negli Stati Uniti osannato dai media. Il New York Times dice di accoglierlo «a braccia aperte», mentre il settimanale Time (nell’edizione europea) gli dedica la copertina con il titolo «Può quest’uomo salvare l’Europa?». Il premier apprezza e più modestamente pensa di salvare l’Italia. Come? «Cambiando il modo di vivere degli italiani». Lo dice a chiare lettere rispondendo a una domanda di un cronista del settimanale Usa: «Lo spero perché altrimenti le riforme strutturali sarebbero effimere e non durature». E ancora: «La vita politica quotidiana ha “diseducato” gli italiani. E dobbiamo dare un senso di meritocrazia e concorrenza». L’«uomo più importante d’Europa», lo definiscono qui, elogiandone stile e politica: «Monti parla con frasi secche e senza la retorica classica dei politici, come se fosse ancora il professore di economia che era fino a 4 mesi fa», scrive il Time. E lui ringrazia, dribbla ogni paragone con il predecessore e, anzi, nei confronti di Berlusconi usa parole di stima e ringraziamento. Sia per aver accettato di farsi da parte lo scorso novembre sia per aver deciso di appoggiare con convinzione il governo tecnico: «Con questa evoluzione guadagna terreno nella sua credibilità, reputazione e autorevolezza», dice.
Monti cerca di spiegare l’anomalia della sua maggioranza: «C’è stato un disarmo bilaterale e la maggioranza che sostiene il governo in Parlamento non è una maggioranza strutturata e non è una coalizione, ma è un insieme dei tre principali partiti, ciascuno dei quali parla con noi ma non parla con gli altri, perché vengono da un periodo ancora molto caldo di estrema belligeranza». Ma ora, assicura Monti, «le cose si stanno evolvendo».
Per il resto ripete il suo mantra, fatto di un nuovo approccio nei confronti del debito pubblico, cresciuto a dismisura perché «i governi che si sono succeduti erano troppo desiderosi di soddisfare le richieste di tutti e così hanno agito contro gli interessi delle generazioni future». D’ora in poi non sarà più così: pareggio in bilancio ma anche sviluppo per sfuggire alla tenaglia della recessione: «In Europa è giunto il momento di politiche più orientate alla crescita». E a frenare la crescita, dice Monti, ci sono «impedimenti strutturali, molti dei quali legati all’eccessivo potere dei gruppi di interessi connessi ai poteri pubblici». A questo proposito arriva la promessa: «Nelle prossime settimane porteremo a casa il pacchetto sulle liberalizzazioni con modifiche minimali». E poi un accenno alla riforma del lavoro: «Ridurremo la distanza tra chi è dentro e chi è fuori e cambieremo alcuni meccanismi anche in termini di flexsecurity per ridurre le distanze tra il nostro Paese e quelli nordeuropei».
Monti varca la soglia della Casa Bianca proponendo un patto: «Aiutiamoci a vicenda». Il che non vuol dire elemosinare aiuti al Fmi: «L’Italia non è in uno Stato in cui ha bisogno di sostegno finanziario da parte della Comunità internazionale, ma ha bisogno solamente di una migliore governance». L’aiuto reciproco è per «crescere». Il Professore lavora perché l’Europa non faccia crack; Obama, dal canto suo, ha tutto l’interesse a sostenere gli sforzi del Vecchio continente perché - come dice in un’intervista a La Stampa, «Le nostre fortune economiche sono legate e gli investimenti tra noi sostengono milioni di posti di lavoro su entrambi i lati dell’Atlantico». Certo, occorre l’appoggio della finanza Usa. Ecco perché è cruciale la visita odierna di Monti a Wall Street.

A New York, nel cuore finanziario Usa, il premier cercherà di convincere gli investitori che puntare sul nostro Paese è sicuro. E se arriveranno dollari a sostegno del nostro debito pubblico, il «mostro spread» sarà ridimensionato.

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