In questo momento, dopo un campo di lavoro durato un mese e che ha visto coinvolti 7 volontari italiani, un volontario è ancora sui Monti Nuba per proseguire nel coordinamento dei progetti. Ecco la sua testimonianza in presa diretta su come vengono vissute in questa parte del Sudan le prime elezioni libere dopo il colpo di stato che portò al potere l’attuale presidente Omar al-Bashir.
"Radio Voce di Pace è qui per seguire le prime elezioni multipartitiche che si tengono in Sudan dopo 24 anni": è cominciata con questo annuncio la giornata radiofonica di lunedì 12 aprile negli studi del villaggio di Gidel sui Monti Nuba, zona centrale del Sudan.
In questa zona isolata del Paese più grande dell’Africa, dove ancora moltissimi sono gli analfabeti e la locale stazione radiofonica indipendente rappresenta per molti l’unica fonte di informazione, appare subito chiaro che queste elezioni non saranno quel "passo fondamentale nel processo di trasformazione democratica" auspicato dal Trattato di Pace firmato nel 2005, con il quale si è formalmente interrotta la ventennale guerra civile fra il Nord e il Sud del Paese.
Racconta suor Mary Carmen, che a Gidel dirige la piccola stazione radio del network indipendente SCRN : "Venerdì scorso si sono chiusi i seggi elettorali, dopo 5 giorni di votazioni. Queste persone sono stati invitate ad esprimere un voto estremamente complicato fatto di 12 preferenze: 2 presidenti, di nord e sud, i membri dei due parlamenti e quelli delle assemblee regionali, con i rispettivi governatori. E pensare che fino alla sera prima non eravamo neppure certi che qui le elezioni si sarebbero svolte!"
I giovani giornalisti che hanno intervistato i votanti all’uscita dai seggi elettorali di Serbule, Kerker, Kumu, Konjo, Gidel, Turra riferiscono un’atmosfera nel complesso serena e senza episodi di violenze direttamente ricollegabili al voto; ma non raccontano di elezioni libere e democratiche: le votazioni sono cominciate un giorno dopo perché le schede elettorali non sono arrivate in tempo ai seggi, alcuni elenchi dei votanti sono stati scambiati tra i seggi, alcune schede riportavano i nomi e i simboli dei candidati ripetuti più volte, la popolazione locale non ha ricevuto alcuna informazione sulle modalità di voto, i maggiori partiti di opposizione hanno boicottato il voto in segno di protesta per presunte irregolarità.
"In questa zona non è neppure stato fatto il censimento di cui ha parlato il governo: come fanno a sapere quanti siamo?" è lo sfogo di una giovane donna, che intanto mostra al nostro volontario italiano una delle piccole radioline a pannelli solari con la quale nei villaggi hanno ascoltato i programmi che la Radio ha dedicato alle elezioni.
Cosa accadrà ora? Nella migliore delle ipotesi verrà confermata la situazione politica precedente e l’attenzione di tutti sarà focalizzata sul referendum per l’autodeterminazione che si terrà nel gennaio 2011, con il quale il Sud deciderà se rimanere parte del Paese o diventare indipendente; molti saranno i problemi da risolvere, fra i quali la definizione dei confini e la conseguente spartizione del petrolio meridionale commercializzato attraverso il Nord.
La piccola radio Voce di Pace continuerà ad informare la popolazione locale con programmi in inglese e in arabo, ma anche nei dialetti locali, cercando di raggiungere i tanti che non hanno alcuna consapevolezza della situazione politica dello Stato in cui vivono.
Il seggio elettorale nel villaggio di Gidel è stato allestito presso la scuola primaria costruita dall’associazione italiana Sorriso per il Sudan onlus; uno dei volontari di Sorriso, che con i giornalisti della Radio ha seguito le elezioni, parla di una grande affluenza di votanti "e di grande felicità degli scolari, che hanno potuto avere una settimana di vacanza".
Al termine delle interviste al seggio di Gidel, il giovane traduttore arabo che accompagna il volontario italiano conclude a mezza voce: "Ho paura che quella di questi giorni sia solo calma apparente, sarà perchè sono nato in un Paese in guerra, ma non riesco ad essere ottimista....".
Speriamo che il nostro giovane amico sudanese abbia torto.
Per sapernedi più: www.sorrisoperilsudan.it
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