Monti ordina ai suoi il silenzio stampa Non sanno che fare

Troppe le indiscrezioni sfuggite ai ministri. Dopo nquasi tre ore di cdm, il governo si autocensura sulle misure

Monti ordina ai suoi il silenzio stampa Non sanno che fare

Roma La fase 2 di Monti è come un pesce. Muta. Al termine del Consiglio dei ministri fiume, durato quasi tre ore, alla fine è emerso soltanto il titolare della Cooperazione e integrazione Andrea Riccardi: «Domani sarà molto interessante sentire la lettura che Monti darà dell’azione di governo finora e della prospettiva - ha detto sgusciando come un’anguilla tra le domande dei cronisti - ora potrei dire solo spezzoni, aspettiamo di sentire Monti domani». Ossia oggi, quando il premier si presenterà alla conferenza stampa di fine anno e svelerà i suoi piani. Fino ad allora, quindi, silenzio stampa. Un po’ come l’Italia di Bearzot che ai mondiali dell’82, falcidiata dalle critiche fino ai quarti di finale, decise di tapparsi la bocca.

Poteva parlare soltanto Dino Zoff che, in ogni caso, diceva ben poco. Ora parlerà soltanto Monti e si spera che diradi la nebbia delle indiscrezioni che avvolgono le prossime misure. A imporre toni bassi lo stesso premier, di recente scottato dalla sovraesposizione di alcuni suoi ministri. Si ricordi la gaffe del ministro dell’Ambiente Corrado Clini che a poche ore dalla nomina riaprì al nucleare o all’accelerazione del ministro del Welfare Elsa Fornero che sparacchiò sull’articolo 18. Silenzio, parla Monti.
Non è dato sapere se la decisione di limitare gli spifferi dal Consiglio dei ministri nasca dalla volontà di coprire le carte per poter calare oggi l’eventuale asso nella manica o se il silenzio meglio si confà all’uomo Monti.

In ogni caso durante il Cdm il premier avrebbe chiesto ai suoi uomini, ognuno dei quali aveva il compito di presentare le linee guida dei provvedimenti relativi a ciascun dicastero, di lavorare anche durante le vacanze e di lavorare sodo. Non sono state prese decisioni di peso e più che nel merito Monti avrebbe fatto un discorso di metodo: calibrare le iniziative con scadenza trimestrale, tenendo ben presente gli impegni internazionali. In primavera ci sarà il vero e proprio redde rationem, quando Monti tornerà in Europa a presentare le altre riforme strutturali: in primis quella sul welfare con la maggiore flessibilità in uscita del mercato del lavoro. Ma è sulla crescita che il premier ha maggiormente incentrato il proprio intervento, consapevole che la priorità è favorire lo sviluppo economico sebbene, parafrasando Tremonti, il «Pil non si fa per decreto».

Durante la riunione, Monti avrebbe poi descritto le difficoltà del suo cammino.

E il tema delle liberalizzazioni è finito in mezzo al tavolo con questo messaggio: adelante ma con juicio visto che il tema continua a irritare i partiti, in maniera del tutto trasversale. Si partirà da trasporti pubblici, servizi postali, taxi e farmacie con il Cdm del 3 o 4 gennaio. Ma lo strumento sarà il disegno di legge: più malleabile e più lento. I veti incrociati rendono la corsa del premier claudicante.

Parola d’ordine: evitare i colpi di mano come accaduto sulle farmacie e accordarsi preventivamente in Parlamento. Risultato: su liberalizzazioni e welfare il ruolino di marcia risulta essere più ingolfato del previsto.

Soddisfa il premier, invece, il buon risultato dell’asta dei Bot semestrali, ieri andati a ruba. Ma la situazione resta critica perché gli spread sono a livelli altissimi e oggi, in contemporanea alla conferenza stampa, ci sarà l’asta dei Btp. Al cardiopalma.

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