No, su De Rica non si può. Ricordate quel Carosello in cui un gatto Silvestro indiavolato travolgeva ogni cosa pur di afferrare il canarino Titti e poi immancabilmente si fermava davanti ai pelati? Ecco: sembra quello che succede oggi al premier Monti: no, sull’articolo 18 non si può. Si possono cambiare le regole sulle professioni, sui taxisti, sui farmacisti, si possono liberalizzare i benzinai e i camionisti, si possono colpire notai, avvocati, architetti e commercialisti, si possono ammazzare le famiglie a suon di tasse, mazzolare i pensionati, massacrare i lavoratori, si può ripristinare l’Ici, aumentare l’Iva, affamare mezzo Paese. Ma l’articolo 18, no: non si tocca. Su De Rica non si può. Il canarino Titti è salvo, il Paese un po’ di meno.
Se un novello Sigmund Freud dovesse riscrivere Totem e Tabù, non potrebbe non tenere in considerazione quest’ossessione che da anni ormai imprigiona buona parte della sinistra. E che ora esplode in tutta la sua imbarazzante evidenza: la Cgil ha mandato giù senza fiatare una riforma delle pensioni durissima, ma l’articolo 18 non si tocca; il Pd ha votato in Parlamento qualsiasi salasso, ma l’articolo 18 non si tocca; a Repubblica sono così innamorati di Monti che lo approvano in tutto, lo sosterrebbero anche se prendesse a bastonate le vecchiette. Purché, sia chiaro, si fermi all’unico limite stabilito: l’articolo 18 non si tocca.
Che ci volete fare? Viene giù il mondo, viene giù l’Italia, tra un po’ per avere denaro in prestito da una banca bisognerà dare in pegno un avambraccio, trovare lavoro è più difficile che trovare un tartufo nero in Groenlandia, la crisi travolge tutto, vecchie abitudini, vizi consolidati, norme e barriere che resistevano da anni. Ma l’articolo 18, no: quello non si può. Viene difeso con un fervore e una devozione che manco i Cavalieri Templari con il Sacro Graal. Vi pare? I liberi pensatori della sinistra che hanno giustificato una per una tutte le mosse di Monti, anche quelle più lontane dalla loro cultura, adesso all’improvviso prendono le distanze. Alza l’età pensionabile? Deve farlo. Svuota le tasche degli italiani? Deve farlo. Tassa la casa? Deve farlo. Tocca l’articolo 18? «È un attentato alla civiltà».
Ma come? Fino all’altro giorno il premier era un prototipo di civiltà e ora diventa l’attentatore della civiltà? Così di colpo? Ci si può trasformare da esempio di savoir faire a esempio di barbarie solo per aver detto che non esiste il tabù dell’articolo 18? «Scivolata», titola l’Unità in prima pagina. E poi a pagina 15 lo accusa addirittura di «ignoranza». Secondo la Camusso fa «giochini», Bonanni dice che è «ossessionato» (lui!), Rosy Bindi sottolinea l’errore, Diliberto gli dà dell’accattone. Addirittura? Ma dai: non era così «sobrio»? Non era così elegante? Possibile? Per settimane lo hanno descritto come un uomo assai raffinato, uno di quelli che quando fa pipì gli esce acqua di colonia. Basta modificare l’articolo 18 per trasformarlo in un accattone?
È davvero singolare il paradosso in cui si trova il premier oggi. Se c’è una norma che bisogna davvero cambiare per modernizzare il Paese, ebbene, questa è proprio l’articolo 18. Lui lo sa, i suoi colleghi pure. Eppure è proprio sull’articolo 18 che per la prima volta rischia seriamente di veder vacillare la sua poltrona, cui pare ormai affezionato se non altro perché gli garantisce di gingillarsi per ore e ore nei talk show Tv. In linea di massima ha un ipotetico via libera per fare qualsiasi cosa: abbattere migliaia di commercianti, deportare i farmacisti negli ipercoop, usare i taxisti per asfaltare la Salerno-Reggio Calabria, spianare le fabbriche dell’intero Nord, annullare le pensioni minime, costringere gli operai della Breda a lavorare fino a 82 anni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.