Politica

Monti strappa la fiducia, ma perde 26 voti

La Camera dà il via libera al milleproroghe, calano ancora i consensi per il governo: 87 in meno rispetto al debutto

Roma - Il Parlamento sorride sempre meno a Monti. Il governo ieri ha incassato la fiducia alla Camera sul milleproroghe ma continua a perdere consensi tra gli onorevoli. Lo spread sale e scende ma il consenso al Professore pare calare e basta. Il provvedimento è passato con 469 sì, 74 no e 5 astenuti ma se si considerano le altre fiduce poste dall’esecutivo, è chiaro che i tecnici stanno perdendo per strada un mucchio di voti. Per la precisione, ottantasette voti in meno rispetto al 18 novembre, quando il governo ha emesso il primo vagito; ventisei voti in meno rispetto al 16 dicembre quando Montecitorio si è espresso sulla cosiddetta manovra «salva Italia». Ovviamente aumentano i «no».

All’atto della nascita, il governo Monti ha incassato 61 «niet»: pollice verso dai 59 leghisti più Alessandra Mussolini e Domenico Scilipoti. Ma gli scontenti del Pdl erano una bella truppa: malpancisti in sonno, pronti a manifestare il proprio dissenso quantomeno bigiando le sedute dell’Aula. Infatti, scritta una manovra tutta lacrime e sangue, i «no» erano schizzati a 88 ma molti pidiellini non se l’erano sentita né di mettere la faccia su una misura-festival delle tasse, né di contravvenire alla disciplina di partito. Così, in tanti sono rimasti asserragliati a casa per non «sporcarsi le mani». Quarantatrè gli assenti in quella occasione. Ieri, poi, chi non s’è nemmeno fatto vedere a Montecitorio ha raggiunto la cifra di 82.

Il che non vuol dire che tutti e 82 erano contrari al milleproroghe ma di fatto la benzina parlamentare che fa andare avanti la macchina di Monti comincia a diminuire. E non vanno sottovalutati due aspetti: in tanti hanno detto «sì» turandosi il naso per l’ennesima volta; inoltre, tra chi ha disertato Montecitorio non volendo appoggiare il Professore s’è mischiato con l’assente montiano di ferro. Spesso non sapendo che era possibile astenersi pur rimanendo in Aula. Scelta fatta soltanto da cinque deputati, tutti del Pdl: Giuseppina Castiello, Guido Crosetto, Gianni Mancuso, Antonio Martino e Giuseppe Moles. L’ex sottosegretario Crosetto motiva così la scelta: «È molto semplice: alla manovra, che non condividevo perché recessiva, non ho votato. Al milleproroghe mi sono astenuto e se mettono la fiducia alle privatizzazioni faccio lo stesso».

Hanno votato «no», oltre alle pattuglie di leghisti e di dipietristi, la pidiellina Alessandra Mussolini e i due onorevoli di Noi per il Sud-Lega Ausonia, Elio Belcastro e Arturo Iannaccone. Alessandra Mussolini racconta una chicca: «Quando sono passata sotto il banco del governo per dire “no”, i commessi hanno invece registrato un “sì”. Davano per scontato che io avrei votato come il resto del mio partito. “No, io ho votato no! No, no, enne e o”, gli ho detto. Mi hanno fatto ripassare un’altra volta. Forse non ricordavano che questa è la mia terza sfiducia a Monti». Chiare le motivazioni: «Perché? Ma come perché? Monti sta mettendo l’Italia in ginocchio. Qui aumenta tutto: la benzina falcia gli stipendi degli italiani e non è finita qui. A giugno aumenta pure l’Iva. È inutile che il premier vada a Londra a parlare di massimi sistemi; i Professori dovrebbero guardare un po’ più in basso anziché in alto». Quanti nel Pdl si stanno turando il naso? «Uuuhhh...».

Si diceva degli assenti. Tra chi non è potuto essere in Aula ma se ci fosse stato avrebbe pigiato luce verde (come ad esempio il finiano Roberto Menia, ndr) c’è anche chi non se l’è sentita di turarsi il naso e a Montecitorio non s’è proprio fatto vedere. Uno di questi è Marcello De Angelis, direttore del Secolo d’Italia, lealista fino al midollo nei confronti dell’elettorato: «Io sono stato eletto con il simbolo “Berlusconi presidente”, per appoggiare un governo politico. Po-li-ti-co. E non un esecutivo dei tecnici». Ma se sono in tanti a pensarla come De Angelis all’interno del Pdl, il deputato-direttore è uno dei pochi che esce allo scoperto.

In ogni caso, tra le forze che appoggiano l’attuale maggioranza, mancavano 4 futuristi, 5 udiccini, 14 piddini, 5 di Popolo e territorio (gli ex Responsabili, per intenderci, ndr) e 24 pidiellini.

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