"Moody’s non spaventa le Borse. E i Bot sono solidi"

L’ad di Azimut Pietro Giuliani: "Entro fine anno i listini risaliranno. Ma il contagio ellenico si evita solo con altri aiuti"

"Moody’s non spaventa le Borse. E i Bot sono solidi"

Il recente allarme di Moody’s sull’economia italiana così come in generale le pagelle dei debiti sovrani firmate dai “signori del rating“ sono ormai un fatto «inflazionato». A invitare alla calma gli investitori è Pietro Giuliani, che da anni siede alla testa di Azimut, una delle poche società italiane di fondi realmente indipendenti dal sistema bancario . «I grandi investitori avevano chiara la situazione dell’economia del nostro Paese anche prima di Moody’s», sottolinea Giuliani convinto che, a parte possibili attacchi speculativi di breve respiro, non ci saranno «significative ripercussioni nè sulle quotazioni dei titoli di Stato, nè sull’andamento delle prossime aste del Tesoro».

Che cosa deve fare l’Eurogruppo per sventare il contagio greco?
«La Grecia è aggrappata a un tenore di vita al di sopra delle proprie possibilità; inoltre il debito è un problema comune a Spagna, Irlanda, Portogallo e alla stessa Italia. Visto che coinvolgere banche e assicurazioni nella ristrutturazione dei cosiddetti “sirtaki bond “equivale e creare nuove tensioni nei sistemi creditizi francesi e tedeschi, ora il male minore è continuare a erogare aiuti pubblici ad Atene, così da assicurare al governo Papandreou il tempo di attuare le riforme».

Come si muoveranno le Borse da qui alla fine dell’anno?
«Ci sarà una risalita, nell’ultimo mese la speculazione ha provocato un crollo sproporzionato rispetto ai fondamentali. Soprattutto nel settore industriale ci sono società molto interessanti, poco indebitate e attive nei Paesi emergenti».

Che cosa consiglierebbe a un piccolo risparmiatore?
«Sono convinto che le azioni rimangono il posto migliore dove mettere i propri soldi, purché si faccia una attenta selezione. Affidarsi a un gestore di qualità permette inoltre di non essere vittima ma di beneficiare della speculazione. Molto interessanti sono poi i mercati dei Paesi emergenti, a partire dalla Cina. Per questo Azimut ha lanciato, prima tra gli operatori europei, uno fondo in renminbi, pensato per gli imprenditori attivi in Asia ma anche per tutto il comparto del family office. Questo prodotto, che offre attualmente un rendimento lordo pari al 7-8% tra gestione finanziaria e rivalutazione della valuta cinese, sarà in futuro proposto anche al retail».

Come sta andando il secondo trimestre di Azimut?
«C’è stato un calo delle commissioni di performance che si ripercuoterà sull’utile, ma confermo gli obiettivi di fine anno sia in termini reddituali sia di crescita».

E l’espansione internazionale?
«Entro tre anni Azimut

avrà in Cina 70 specialisti attivi sia nella gestione sia nella distribuzione, contro le 150 persone oggi dedicate all’Europa. Stiamo, poi, per partire con la joint venture in Turchia, cui seguirà lo sbarco in Sud America».

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