Moody’s vede nero e mette sotto tiro sedici banche italiane

Se qualcuno pensava che le banche italiane sarebbero riuscite a evitare la mannaia delle agenzie di rating era un illuso. Dopo aver abbassato o messo sotto osservazione i giudizi di decine di aziende di credito portoghesi, spagnole e francesi, ieri l’agenzia Moody’s è arrivata in Italia e ha messo nel mirino il merito di credito di 16 banche e 2 istituti pubblici considerati «sistemici», vale a dire potenzialmente a rischio per l’intero sistema, in vista di un possibile taglio del rating, in scia all’analogo provvedimento adottato venerdì scorso per la Repubblica italiana. Moody’s ha inoltre cambiato da stabili a negative le prospettive sul rating a lungo termine di altre 13 banche italiane di importanza non sistemica in modo da riflettere le «pressioni» sul merito di credito.
Le 16 banche «attenzionate» sono Intesa Sanpaolo (con le controllate Banca Imi e CariFirenze), Mps (insieme con Mps Capital), Banco Popolare, Bnl, Cariparma e Friuladria, Banca Carige, Banca Sella, Cassa di Risparmio di Bolzano, Cassa di Risparmio di Cesena, Banca Padovana Credito Cooperativo, Cassa Centrale Banca e Cassa Centrale Raiffeisen; gli istituti pubblici sono la Cassa Depositi e Prestiti e l’Istituto Servizi Mercato Agroalimentare. Per alcune di queste (tra cui Mps, Banco Popolare e Carige) sono finiti sotto osservazione anche i rating a breve termine.
Le 13 banche italiane il cui outlook è stato rivisto a negativo sono invece Ubi Banca, Credem, Credito Valtellinese, Bancaperta, Banca delle Marche, Banca Italease, Banca Agrileasing, Banca Popolare Alto Adige, BancApulia, Banca Popolare di Cividale, Banca Tercas, Cassa di Risparmio della Provincia di Chieti e la Banca Popolare di Spoleto.
Altri istituti, quali Unicredit, la Popolare di Milano, Dexia Crediop, CariFerrara, Efibanca, CariVolterra e la Popolare di Marostica non sono stati oggetto di provvedimenti perché hanno già prospettive negative sull’outlook o sul rating, in vista di un possibile abbassamento di Moody’s.
Inutile aggiungere che nel ventaglio di tutti questi istituti si ritrova la quasi totalità dei clienti di banche italiane. Che, però, non hanno motivi per vivere grandi preoccupazioni. L’avvertimento di Moody’s riflette il momento dell’intero Paese e dunque è inutile agitarsi per le banche, che potrebbero presentare problemi solo se li presentasse lo stesso Stato. Ma a quel punto la situazione sarebbe così grave che non farebbe alcuna differenza. E non siamo a questo punto. Il tema è semmai quello di un più difficile rapporto tra le banche stesse e il mercato, perché il rating non è altro che un voto al merito di credito. Non a caso, con una decisione di questi tipo nell’aria già da una settimana, la Borsa di Milano ha ieri ceduto il 2,7%, trascinata al ribasso proprio dalla pattuglia dei titoli bancari. Infine, anche se Moody’s, da ieri ritiene che le banche italiane potrebbero essere giudicate un po’ meno affidabili, stiamo parlando di livelli di rating molto elevati, nell’ordine dello stesso livello della Repubblica italiana (Aa2), che è il terzo in ordine di affidabilità nella scala adottata dall’agenzia Usa.
Moody’s, nel report di 5 pagine pubblicato alle 18, dopo la chiusura di Piazza Affari, spiega i motivi del suo intervento: i rating di alcuni istituti sono sensibili a cambiamenti anche relativi «nell’affidabilità creditizia del governo e nella sua capacità di sostenere le banche». Sul debito non garantito di alcune banche, poi, pesano i nuovi orientamenti internazionali in tema di fallimenti bancari.

Fra le ragioni addotte da Moody’s si cela un ragionamento sulla minore «volontà dei governi di sostenere il debito garantito delle banche più piccole e meno importanti dal punto di vista sistemico», anche se in Italia l’orientamento politico «non è tale da giustificare un peggioramento del rating in questo momento».

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