Mora malato in cella ma deve aspettare: i giudici sono in vacanza

Ha perso 20 chili ed è imbottito di medicine, l’ex impresario dei vip aveva chiesto una misura alternativa al carcere

Mora malato in cella ma deve aspettare: i giudici sono in vacanza

Milano Si scrive custodia cautelare, si legge carcere preventivo. La storia di Dario Mora detto «Lele» è un tonfo dai riflettori del piccolo schermo alla gattabuia, dai troni televisivi a una cella di pochi metri quadrati nel carcere di Opera. Per la bancarotta da 8 milioni e mezzo di euro della sua «Lm management» ha patteggiato una pena di 4 anni e 3 mesi, ma pende un ricorso in Cassazione. La sentenza, dunque, non è passata in giudicato. Eppure, dal 20 giugno Mora è in carcere. E ci resta perché il gip non ha concesso i domiciliari, perché i pm hanno dato parere contrario alla scarcerazione, convinti che l’ex impresario nasconda un tesoro in Svizzera. E ci resta perché il tribunale del Riesame - che il 21 dicembre ha tenuto l’udienza per stabilire se attenuare la misura detentiva - non ha ancora preso la decisione che era prevista per questi giorni. Col sospetto (forte) che più di un’attenta valutazione del caso, qui si tratti di vacanze. Quelle di due giudici su tre del collegio, assenti dal palazzo di giustizia.

E Mora aspetta. Almeno fino al 4 gennaio, quando ai suoi legali dovrebbe essere comunicata la sorte del loro assistito.
Un’altra botta al morale del detenuto Mora, già provato nel fisico. Ha perso qualcosa come venti chili, ha avuto un collasso, fatica a camminare, deve imbottirsi di farmaci, e oggi riceverà una nuova visita dei periti nominati dal giudice, che ne valuteranno le condizioni di salute e la compatibilità con il regime carcerario.

La prospettiva, ora, è di farsi anche il Capodanno dietro le sbarre, dopo il Natale. Con il timore che la sua permanenza in cella sia destinata a protrarsi. Perché gli indizi di questi giorni non depongono a suo favore. Come detto, l’udienza davanti al Riesame è del 21 dicembre. Vero che il tribunale non ha termini perentori per depositare la sentenza, ma la prassi insegna che il via libera alla scarcerazione arrivi in tempi piuttosto rapidi, e sia comunicata via fax al penitenziario in cui si trova il detenuto. I segnali, dunque, portano ad altre conclusioni.
Ma anche peggio di una decisione certa e sfavorevole, è una decisione (forse) sfavorevole e che si fa attendere. Insomma, un limbo. Le giornate tutte uguali. Il tempo che non passa. Ignote le prospettive.

Martedì 22 dicembre Mora ha chiaccherato un po’ con Platinette e Gigi D’Alessio, che a Opera hanno organizzato un concerto per i detenuti. Sabato scorso, giorno della Vigilia, i legali dell’ex agente - gli avvocati Luca Giuliante e Nicola Avanzi - sono andati a trovarlo in carcere. Un colloquio di un’ora dal quale è stata bandita la parola «Natale». Troppo dura da digerire, in queste condizioni. Un 25 dicembre da dimenticare e «particolarmente pesante», raccontano gli avvocati. Ieri mattina, un nuovo incontro per comunicare che il redde rationem sarebbe slittato ancora.

E l’umore è sprofondato sotto i tacchi. Gli hanno mostrato la foto pubblicata ieri da un quotidiano. Lele Mora libero e paffuto. «Prima e dopo la cura», ha provato a sdrammatizzare Giuliante. Ma non è che l’ex agente avesse molta voglia di ridere.
Perché alla fine, al netto dei vari guai (Mora è indagato anche per il fallimento della «Diana immobiliare» ed è imputato nel processo Ruby), fanno sei mesi in cella per pagare il conto con una strana giustizia. La stessa che ha tenuto lui in carcere (preventivo) più o meno centottanta giorni per un crac da 8 milioni, perché - spiegano - Mora può scappare all’estero e nascondere il tesoro svizzero che lui ripete di non avere.

E che a Calisto Tanzi - che ha divorato la Parmalat e i risparmi degli investitori di mezzo mondo in un buco da 14 miliardi di euro, e che un ben più consistente tesoro avrebbe occultato - ha aperto le porte di San Vittore dopo 105 giorni, concedendo di trascorrerne altri 170 di domiciliari nella villa di Fontanini di Vigatto.

Una specie di reggia alle porte di Parma, per l’allora cavaliere del lavoro. Per l’ex parrucchiere di Bagnolo Po, invece, l’ultimo dell’anno sarà una cella poco più grande di uno stanzino. E il conto alla rovescia non finirà alla mezzanotte.

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