I tedeschi sono stati feroci. Non tanto per quell’1-0 pescato all’ultimo minuto, nemmeno per quel grido, «Vendetta!», sbandierato dalla Bild Zeitung, quanto per aver aggiunto: «É stata una delle più forti performances del Bayern in questa stagione». Se questa era una delle migliori, figuratevi le altre! E l’Inter, che si inchina nel gioco e nella forza fisica alla squadra che naviga a 13 punti di distacco dalla capoclassifica della Bundesliga, non fa un buon effetto. L’Inter di oggi è meno credibile di quella di ieri. Val la pena tirare i primi conti: quest’anno la squadra è stata macchina da guerra senza macchia solo nelle due partite del mondiale per club. Ed ha onorato il rango di regina della Champions. Altrimenti il conto della sfide “grandi firme“ segna il rosso: ha perso con la Roma (poi battuta al ritorno) ha pareggiato e perso con la Juve, ha perso con il Milan, ha perso la sfida dell’orgoglio contro il Bayern. Ha vinto col Napoli, ma ci ha rimesso pure con la Lazio (era seconda in classifica) e contro il Tottenham che non è la migliore delle inglesi.
Qui non contano gli allenatori e tutto quanto si può pensare di male dell’uno o dell’altro: qui l’addebito va alla squadra. Merita quando vince, ha colpe quando perde. Mercoledì sera dito puntato contro Julio Cesar e Moratti lo ha giustamente difeso: «Può capitare una serata storta, Julio in passato ci ha salvato tante volte, facendo miracoli». Appunto, perchè non ricordare il flop di Lucio sul gol(dov’era?), l’inadeguatezza del sistema difensivo che costringe l’Inter a subire tanti gol, un centrocampo che non regge e non difende la difesa? L’usura di alcuni giocatori è evidente. E allora torniamo alle colpe di una società che si è accorta in ritardo delle necessità della squadra. Ritardo o frutto di una strategia studiata? Vincere costa molto (in premi) e non sempre conviene. Soprattutto dopo aver vinto tanto. Tutti sanno che l’obiettivo era il mondiale per club. L’idea di una buona annata, senza altri successi, può essere comprensibile da un punto di vista commerciale e per entrare nella giudiziosa via del fair play economico. Gli acquisti di gennaio potrebbero smentire la tesi. Ma forse anche Moratti si è reso conto che il rischio di un flop era a portata di tiri (in porta).
La sconfitta con il Bayern ha un retrogusto amarognolo. Il presidente ha garantito di esserci rimasto male: «La squadra ha giocato bene, ha perso per un colpo di sfortuna». Ed ora crede nel ribaltone: «Basterà un gol di scarto per andare ai supplementari». Lo crede anche Leonardo, ma le speranze fanno parte del copione. Impensabile dire il contrario. Le chances esistono. Piuttosto stona quell’insistere sulle mancanze di Eto’o. É già la seconda volta. Complimenti dal presidente, ma una volta si lamenta per un gol sbagliato, stavolta perchè all’Inter mancava una punta. «Eto’o era troppo isolato. Ci voleva un centravanti per dare profondità, per fortuna in campionato torna Pazzini». Mancava un centravanti, più di Mourinho, questo il succo realista del patron. Ma anche il re d’Africa è un attaccante e se avesse compagni meno sbadati, e qualche volta sbandati, potrebbe replicare le raffiche di gol di inizio stagione.
Dunque, perchè lamentarsi? Chissà, tutti sanno che, due mesi fa, il procuratore di Eto’o ha sondato il terreno presso altre squadre europee per offrire i suoi servigi. Il re sta cercando un’altra reggia: il tempo dell’Inter è finito. E Moratti conosce il gioco delle parti.
Ora all’Inter non resta che tornare a vincere, pur con tutti i suoi guai.
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