Morricone: che successo con la Scala

Fabio Santini

da Verona

Un cinema a cielo aperto come va di moda d’estate. Sembra così l’Arena di Verona, brulicante di belle donne in décolleté, gente assiepata sulle gradinate dopo due ore d’attesa pigiata ai cancelli, sul volto i segni dell’afa e l’espressione di rabbia. Non si sa perché hanno aperto solo a mezz’ora dal concerto. In platea, un via vai di gente famosa: l’impresario e produttore Bibi Ballandi, il direttore musicale di Sanremo Gianmarco Mazzi, l’ex direttore generale della Rai Alfredo Meocci. Sul palco il maestro Ennio Morricone dirige se stesso, le colonne sonore del suo mito cinematografico, oltre 100 solisti dell’Orchestra Filarmonica della Scala, sullo sfondo i quasi 100 componenti il Coro. La suggestione sarebbe perfetta se non fosse un po’ mortificata da un impianto audio non sempre all’altezza. Il Maestro veste Armani, patrocinio della serata. Si parte subito con il tema di C’era una volta in America, i violoncelli tengono una nota lunga 5 minuti, i violini ci riportano alla scena dove, nel capolavoro di Leone, De Niro-Noodles recita «Il Cantico dei Cantici» alla donna amata. È la magia di Morricone, il suo senso evocativo che avvolge e porta al centro della scena. È il trionfo del romanticismo, della religiosità di quei suoni, segno distintivo del suo stile. Morricone suona la colonna sonora di Nuovo Cinema Paradiso, di La leggenda del pianista sull’Oceano, del Clan dei siciliani. Non suona Gli intoccabili, non l’ha mai fatto. Poi ancora Leone. Il soprano Susanna Rigacci attacca C’era una volta il West, colora Giù la testa, Il buono il brutto il cattivo e il coro diventa una potenza d’urto senza fine, come nel tema di Sacco e Vanzetti.

Per il finale c’è The Mission. E i bis: ancora le musiche dei film di Leone. La gente va in visibilio. Si battono i piedi come a un concerto rock. Morricone ringrazia tutti. Poi se ne va lasciando la sensazione di un viaggio fuori del tempo.

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