Morto a 84 anni Bob Lovati, bandiera della Lazio: fu portiere, tecnico e dirigente

Era un grande intenditore di calcio e chi lo conosceva bene diceva amasse molto il buon vino e le belle donne, oltre ovviamente ai colori biancocelesti, ma nemmeno i tifosi romanisti riuscivano ad odiarlo. «Ci ha lasciato una persona straordinaria, che aveva stretto con la Lazio un legame indissolubile», il ricordo del club biancoceleste

Il calcio italiano e la Lazio sono in lutto: è morto a Roma «Bob» Lovati, aveva 84 anni. Portiere di Pisa, Monza e Torino negli anni '50, era approdato alla Lazio nel 1955 per restarvi fino al 1961. Nella società biancoceleste era rimasto poi come allenatore delle giovanili, preparatore dei portieri, tecnico della prima squadra e poi dirigente. «Ci ha lasciato una persona straordinaria, che aveva stretto con la Lazio un legame indissolubile», il ricordo del club biancoceleste che si è stretto intorno alla famiglia.
Di certo Bob Lovati era un grande intenditore di calcio. Chi lo conosceva bene diceva amasse molto il buon vino e le belle donne. Assieme alla Lazio, naturalmente, la società che lo ha amato e osannato prima in campo poi da osservatore a cui Roberto «Bob» Lovati ha dato tutto. Neanche sulla sponda opposta del Tevere riuscivano ad odiarlo: simpatico, sorridente e misurato cancellava anche l'odio stracittadino.
Nato a Cusano Milanino (Milano) il 20 luglio 1927, a venti anni, si ritrovò nei dilettanti del US Gerli. Passa un anno e nella stagione 1947/48 arrivò al Pisa con cui, la stagione successiva, esordì in B. Nel 1952/53 passò al Monza, sempre nel campionato cadetto, e per due anni giocò titolare. Nel 1954/55 arrivò il debutto in serie A con la maglia del Torino.
Ma Lovati è stato, soprattutto, Lazio. Dal Nord arrivò nelle Capitale nel 1956, sei stagioni a difendere la porta della Lazio. Bravissimo nelle uscite e famoso per il rinvio di pugno nelle situazioni più difficili, Lovati non fece rimpiangere Sentimenti IV. In Nazionale fu di passaggio, soltanto per due partite, esperienza breve e intensa, forse troppo. Durò una settimana. Bene all'esordio, difese la porta e non subì reti contro l'Irlanda del Nord (gli azzurri vinsero 1-0), che poi eliminò l'Italia che non partecipò alla fase finale del Mondiale di Svezia. Ma il 2 maggio 1957, durante la trasferta a Zagabria, Lovati fu battuto per ben sei volte (e i romanisti lo sfottevano e lo chiamavano «Bob a sei»). L'Italia perse 6-1 contro la Jugoslavia e per lui si chiusero le porte dell'azzurro anche se è sempre stato considerato uno dei migliori portieri della sua generazione. Continuava, però, ad esserci la Lazio e con la maglia biancoceleste Lovati vinse la Coppa Italia del 1958.
Da calciatore appese gli scarpini al chiodo nell'estate del 1961, a 33 anni, ma restò in casa Lazio. Dal giorno dell'addio al calcio giocato, Lovati divenne un punto di riferimento fuori dal campo per la società capitolina. Istruttore dei giovani, osservatore, dirigente, vice-allenatore e allenatore della prima squadra, Lovati prese in mano la Lazio spesso nei momenti più difficili, una sorta di tappabuchi che riusciva sempre a risolvere le situazioni. Ebbe un rapporto speciale con Tommaso Maestrelli: lo aiutò in campo e fuori, come mediatore di quella Lazio che nel '74 vinse lo scudetto, piena di campioni ma anche di personalità forti.

Quando Maestrelli si ammalò, Lovati prese le redini della squadra gestendo un periodo terribile.
Il suo curriculum da calciatore con la Lazio è di 146 presenze complessive, di cui 135 in campionato e 11 in Coppa Italia. Il bilancio da allenatore è di 105 partite (93 in campionato e 12 in Coppa Italia).

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