Se nè andato un amico, un grande alpinista, una guida di straordinaria serietà, un signore capace nella sua vita di scalare più di novanta volta il Cervino. Questo per dare unidea di chi fosse Achille Compagnoni. Un uomo che, assieme a Lino Lacedelli, fece letteralmente impazzire lItalia in una giornata di mezza estate del 1954.
La conquista del K2 non fu una semplice impresa alpinistica, fu anche o forse soprattutto una vittoria straordinaria dellItalia, che in quei tempi aveva bisogno più che mai di imprese e leggende come queste. Ricordo che mi trovavo a Milano e la notizia - allora non cerano i cellulari - arrivò in Italia con un paio di giorni di ritardo. Ma fu come una scossa per tutto il paese che seguiva limpresa da lontano. Ricordo che andai a festeggiare levento in un famoso ristorante con Dino Buzzati e poi andammo in piazza del Duomo dove si erano radunate migliaia di persone, molte con il cappello da alpino, come se avessimo vinto il mondiale di calcio.
Per lui arrivò la gloria, ma arrivarono anche le polemiche, quelle con Bonatti che accusò i due di averlo lasciato indietro, di non averlo voluto con loro sulla vetta. Ma Compagnoni non lo ammise mai, convinto comera di essersi comportato come si doveva. «In fondo - mi diceva - Walter deve ricordarsi che quando labbiamo portato con noi era ancora un balilla». E avrebbe dovuto limitarsi a scortarli fino a una certa quota.
Ma oggi vorrei ricordare una cosa di cui non si parla mai e a cui invece Achille teneva molto: quella di essere stato anche un grande fondista, tanto da battere i migliori azzurri dellepoca in una coppa Dolomiti dellanteguerra. Grazie Achille, adesso hai fatto anche la scalata più difficile.
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