Morto a 94 anni Compagnoni e K2 una polemica durata 55 anni

Se n’è andato un amico, un grande alpinista, una guida di straordinaria serietà, un signore capace nella sua vita di scalare più di novanta volta il Cervino. Questo per dare un’idea di chi fosse Achille Compagnoni. Un uomo che, assieme a Lino Lacedelli, fece letteralmente impazzire l’Italia in una giornata di mezza estate del 1954.
La conquista del K2 non fu una semplice impresa alpinistica, fu anche o forse soprattutto una vittoria straordinaria dell’Italia, che in quei tempi aveva bisogno più che mai di imprese e leggende come queste. Ricordo che mi trovavo a Milano e la notizia - allora non c’erano i cellulari - arrivò in Italia con un paio di giorni di ritardo. Ma fu come una scossa per tutto il paese che seguiva l’impresa da lontano. Ricordo che andai a festeggiare l’evento in un famoso ristorante con Dino Buzzati e poi andammo in piazza del Duomo dove si erano radunate migliaia di persone, molte con il cappello da alpino, come se avessimo vinto il mondiale di calcio.
Per lui arrivò la gloria, ma arrivarono anche le polemiche, quelle con Bonatti che accusò i due di averlo lasciato indietro, di non averlo voluto con loro sulla vetta. Ma Compagnoni non lo ammise mai, convinto com’era di essersi comportato come si doveva. «In fondo - mi diceva - Walter deve ricordarsi che quando l’abbiamo portato con noi era ancora un “balilla”». E avrebbe dovuto limitarsi a scortarli fino a una certa quota.


Ma oggi vorrei ricordare una cosa di cui non si parla mai e a cui invece Achille teneva molto: quella di essere stato anche un grande fondista, tanto da battere i migliori azzurri dell’epoca in una coppa Dolomiti dell’anteguerra. Grazie Achille, adesso hai fatto anche la scalata più difficile.

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