«Mio figlio è morto come un cane e io lo sono con lui. Vivrò solo per avere giustizia. E non per perdonare: voglio sapere perché me lo hanno ucciso». Rita Cucchi, 60 anni, ex maestra di asilo, madre del trentunenne di Tor Pignattara morto poco dopo l’arresto nel reparto penitenziario dell’ospedale Sandro Pertini, grida senza urlare. Immobile, ghiacciata dal dolore, gli occhi vitrei della disperazione. Accanto il marito. Niente lacrime, solo tanta rabbia composta, la voce tremula di chi deve raccogliere il fiato. Intorno, tra lo sconcerto e gli scaricabarile, monta la polemica. Politica prima ancora che giudiziaria. Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, è lapidario: «Non sono in grado di accertare cosa sia successo ma di una cosa sono certo: del comportamento assolutamente corretto da parte dei carabinieri in questa occasione», ha dichiarato ieri a «Radio Radicale». «Non c’è dubbio - aggiunge La Russa - che qualunque reato abbia commesso questo ragazzo, ha diritto ad un trattamento assolutamente adeguato alla dignità umana. Quello che è successo non sono però in grado di riferirlo perché si tratta di una competenza assolutamente estranea al ministero della Difesa, in quanto attiene da un lato ai carabinieri in servizio di forze di polizia, dall’altro lato al ministero dell’Interno, dall’altro al ministero della Giustizia». Nel frattempo, sulla base dei primi risultati dell’autopsia effettuata sul corpo martoriato del giovane, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo in cui si ipotizza il reato di omicidio preterintenzionale. Il pm Vincenzo Barba ha definito una accusa che comprende anche l’ipotesi di un pestaggio. Resta da capire avvenuto quando, dove e soprattutto da parte di chi. Le «anomalie» riscontrate sul cadavere di Stefano Cucchi, le ecchimosi, i lividi, indicano inequivocabilmente una violenza sul giovane arrestato dopo essere stato trovato in possesso di una ventina di grammi di hashish. «In ogni caso - sottolineano i magistrati - non è ancora emerso in modo chiaro il nesso causale tra le ferite riscontrate e il decesso». Barba ha anche fatto esaminare il cd con le registrazioni effettuate durante il breve processo per direttissima in cui Cucchi, all’indomani dell’arresto era sofferente e con il volto tumefatto. Gli investigatori dopo aver ascoltato giovedì come testi i carabinieri autori del fermo, il medico del tribunale che lo visitò nella cella di sicurezza il giorno della convalida dell’arresto e i dottori dell’ospedale Sandro Pertini che l’ebbero in cura fino al decesso, ieri hanno concentrato l’attenzione su alcuni agenti della polizia penitenziaria. Si cerca la verità, ricostruendo le tappe dei tanti, forse troppi passaggi di Cucchi nell’«inferno» della giustizia. Intanto partirà a ore l’inchiesta amministrativa disposta dal Guardasigilli Angelino Alfano.
«In questo momento è in corso l’inchiesta dell’autorità giudiziaria - spiega il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Franco Ionta - attendiamo perciò che termini la fase acquisitoria da parte della procura di Roma prima di cominciare noi l’esame» degli agenti penitenziari e dei sanitari che hanno avuto a che fare con Cucchi nel carcere di Regina Coeli. Non appena la procura avrà terminato di ascoltare i testimoni, prenderà il via l’inchiesta amministrativa disposta da Alfano, che - nelle previsioni di Ionta - dovrebbe concludersi in una decina di giorni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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