È morto Coscioni l’alfiere radicale della ricerca libera

Il presidente del partito di Capezzone e Pannella aveva 39 anni. Era affetto dalla sclerosi laterale amiotrofica

Francesca Angeli

da Roma

Può un corpo per il semplice fatto di esistere o di resistere essere e fare politica? Quello di Luca Coscioni che ha intrecciato il suo destino con i Radicali lo è stato. Coscioni è stato un corpo politico. Le braccia, le gambe e gli organi imprigionati dalla malattia sono stati elevati a simbolo per la lucida volontà del suo proprietario e dunque così liberati per sempre e consegnati ad un’altra dimensione, quella della politica appunto, in nome della libertà di ricerca.
Ieri si è spento a Roma il presidente dei Radicali, Luca Coscioni, leader dell’associazione che porta il suo nome e che si è battuta strenuamente perché non venissero posti limiti alla scienza, soprattutto nel campo della ricerca sulle cellule staminali embrionali. Coscioni aveva soltanto 39 anni. Nel ’95 mentre si allenava per partecipare alla maratona di New York si era ammalato di sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che in sostanza porta alla progressiva paralisi di tutta la muscolatura. Coscioni infatti non era più in grado né di parlare né di respirare autonomamente.
«È come se fossi morto - scrive quando scopre di essere malato -. Il deserto è entrato dentro di me, il mio cuore si è fatto sabbia». Ma Coscioni in verità non si arrende a quel deserto ma anzi lo irriga e lo coltiva e trasforma lo svantaggio derivante dalla malattia in una opportunità.
Smette sì di insegnare Economia ambientale all’Università di Viterbo ma si impegna sempre di più in politica. Più il suo corpo progressivamente si immobilizza più lui diventa attivo, attivissimo in particolare per difendere la libertà di una branca di ricerca, quella sulle cellule staminali embrionali, che appare ricca di promesse per le cure delle malattie neurodegenerative come il Parkinson, l’Alzheimer e anche il cosiddetto morbo di Lou Gehrig, la sclerosi di cui soffre l’uomo.
Inevitabile in questo percorso l’incontro con i Radicali che hanno sempre fatto politica per il corpo e attraverso di esso: la lotta per l’aborto, i digiuni, la candidatura provocazione di Cicciolina.
È lo stesso Coscioni a spiegare questo incontro nel suo libro Il maratoneta. «La battaglia radicale, alla quale sto dando spirito e corpo, è quella per le libertà, e in particolare quella di ricerca scientifica - scrive -. È una battaglia radicale che non ho scelto, così come Marco Pannella non mi ha scelto e designato alfiere, portabandiera della libertà di Scienza. È una battaglia radicale che mi ha, ci ha scelto. La stiamo combattendo, così come si vive un’esistenza, percorrendola, sapendo che non la si è scelta, ma che se ne può essere gli artefici nel suo divenire». Scelto da «una malattia che non lascia spazio di manovra e che può essere affrontata soltanto sul piano della resistenza mentale» come la descrive lui stesso, Coscioni decide che non vuole «rappresentare un caso umano» ma combattere anche perchè «in Italia una persona malata non appena viene riconosciuta come tale perde i suoi più elementari diritti umani».
Nel 2000 Coscioni si candida con la Lista Bonino in Umbria e viene eletto. Non ce la fa invece alle politiche del 2001 nonostante un appello firmato da 50 premi Nobel di tutto il mondo che lo sostengono. Nel 2002 fonda l’associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica che si farà poi promotrice del referendum, fallito per mancanza di quorum, per abolire la legge 40 sulla fecondazione assistita che vieta la ricerca sulle staminali embrionali. La sua fiducia, la sua fede nelle possibilità della scienza e della medicina lo spingono nel 2002 a prendere parte ad una sperimentazione con cellule staminali adulte che però non dà i frutti sperati.
La sua morte è stata annunciata da Marco Pannella in diretta su Radio Radicale. «Mezz'ora fa si è spento Luca» ha detto Pannella che poi lo ha definito «un leader».

Per Emma Bonino Coscioni «nonostante la sua fragilità, le condizioni impossibili della sua militanza politica» è riuscito a diventare «sempre di più, con la sua forza, la sua determinazione, l’uomo radicale, che agisce per profonda convinzione e non per mera convenienza».

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