Morto per una fistola malcurata Oggi parte il processo ai medici

Approda oggi a piazzale Clodio il processo all’équipe medica della clinica San Vincenzo di Roma, accusata di avere provocato la morte di Pietro Di Tommaso, 62 anni, l’ex direttore del Centro meccanografico postale di San Lorenzo deceduto dopo dieci mesi di calvario e ben sei interventi chirurgici per una semplice fistola finita però in ascesso perianale. Un dramma doppio, perché la vedova, Romilde, di due anni più giovane, muore di crepacuore dopo aver saputo di un quarto tentativo di archiviazione dell’inchiesta nel giugno 2005.
Pietro Di Tommaso si opera una prima volta il 19 aprile del 2004. La cartella clinica parla di «recente formazione di una fistola cutanea con fuoriuscita di pus e riduzione, non scomparsa, della tumefazione per la quale era stato ricoverato in precedenza». Due mesi prima l’uomo aveva accusato un forte dolore a un ginocchio. Il 2 aprile il primo ricovero al San Camillo, di qui il trasferimento nella struttura convenzionata al Portuense, oggi Policlinico Di Liegro. Il 24 aprile un secondo intervento: viene pulita la fistola e inserito un catetere. Il 27 un’altra operazione dovuta a un «grave e massiccio sanguinamento intervenuto all’atto della rimozione del catetere sovrapubico (...). Si individua la fonte in un vaso arterioso lesionato verosimilmente all’atto del posizionamento del catetere». Dopo l’estate la situazione si aggrava. Uno dei medici, tolto il catetere a ottobre, non riesce più a reinserirlo. Di Tommaso viene rimesso nelle mani degli urologi del San Camillo. Un medico rimanda l’operazione di 20 giorni e parte per un congresso a Napoli (la sua posizione è stata stralciata dal pm). Pietro sta male, viene operato ancora il 19 ottobre e ancora a novembre, il 20 dicembre finisce in Rianimazione. Il giorno dopo muore.
I familiari vogliono giustizia. Scrive il dottor Stefano Moriani, medico legale, nella perizia: «Il decesso del Di Tommaso è da attribuire a una serie di atti medici imperiti e imprudenti, dati da un inadeguato trattamento di un iniziale ascesso perianale». I familiari si affidano all’Associttadini e scoprono che dello staff di Urologia della San Vincenzo nessuno è specializzato in Urologia, anzi c’è persino un odontoiatra che ha preso in cura Pietro. Dalla Asl Rm D nessuna replica. Come se non bastasse per la famiglia Di Tommaso arrivano anche i guai economici e giudiziari. «Coi miei fratelli abbiamo perso - spiega il figlio Daniele, oggi 40enne - la possibilità di acquistare la casa in cui vivevamo al quartiere San Paolo, dell’ente Poste.

Oggi mi trovo senza lavoro, l’assistenza dei servizi sociali è irrisoria. Il canone d’affitto a luglio aumenterà, lo spettro di restare senza casa è alla porta. Se qualcuno ha la possibilità di aiutarci con un lavoro o un sostegno economico vi prego di contattarmi al 328-4228786».

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