Milano La notizia della scomparsa del sassofonista Gianni Basso, avvenuta ieri ad Asti dovera nato 78 anni fa, si è diffusa in poche ore con una sorta di passaparola internazionale. Una delle sue ultime apparizioni in pubblico, accolta come sempre da applausi clamorosi, era avvenuta allUmbria Jazz Winter 2009 di Orvieto.
Basso era solista di altissimo livello: suonava il sax tenore, strumento prediletto, il sax soprano, il clarinetto ed era compositore e direttore d'orchestra. Ha attraversato la storia del jazz italiano dal dopoguerra a quest'anno. Durante la guerra seguì la famiglia in Belgio dove manifestò un precoce talento musicale. Debuttò a 15 anni nell'orchestra di Raoul Falsan, poi tornò in Italia. L'esperienza con Falsan è fondamentale per capire il suo itinerario artistico. L'esordio di un adolescente non sarebbe stato possibile nel nostro Paese, che negli anni 40 era rimasto dall'altra parte della barricata rispetto ai centri di produzione del jazz, e tanto meno Basso si sarebbe potuto affermare come alfiere del jazz moderno, rispettoso dei moduli americani e specialmente del sassofonista Lester Young («Il jazz lo hanno inventato loro», diceva sempre) ma nello stesso tempo consapevole che era necessario seguire una «via europea» al jazz per chiunque non si volesse limitare ai contrappunti del jazz primigenio.
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