Paolo Rossi Monti (morto ieri a Firenze a 89 anni) si è formato alla scuola di Eugenio Garin e Antonio Banfi. Dal primo ha ricevuto uneducazione storica, dal secondo unimpostazione critica. La sintesi fu per Rossi la riflessione sui rapporti tra storia della scienza e storia della filosofia. Tuttavia non una filosofia della scienza che sinterroga sulle questioni dalle conquiste moderne della fisica e della logica matematica, piuttosto su quel filo rosso che ha unito, a partire da Umanesimo e Rinascimento, la filosofia alla ricerca scientifica.
I suoi studi più importanti hanno come costante riferimento il razionalismo che si sviluppa abbandonando i dogmatismi della teologia medioevale. A Rossi interessava mettere in luce il cammino storico della conoscenza che si libera dai pregiudizi religiosi e da una visione magica della vita, per elaborare unorganizzazione del sapere razionale e pragmatico. Se il razionalismo critico di Banfi portava Rossi su un cammino lontano e ostile al pensiero metafisico, la visione storica della filosofia di Garin gli suggeriva di confrontarsi con i grandi pensatori del passato. Due testi decisivi del suo lavoro, già nei titoli orientano il lettore alla comprensione dei problemi trattati: Francesco Bacone. Dalla magia alla scienza (1957) e I filosofi e le macchine: 1400-1700 (1962).
Siamo negli anni 50, e la filosofia italiana era, pur con significative eccezioni, idealista e tomista. La riflessione sulla scienza non apparteneva alla nostra tradizione. Quindi, se a rileggere oggi quei libri di Rossi troviamo importanti momenti della storia della filosofia, allora avevano, oltre al valore della ricerca documentata, un carattere di rottura culturale. La scienza diventava materia di riflessione filosofica: la cosa è oggi scontata, ma allora aveva un significato di rinnovamento.
Per Rossi, Francesco Bacone è lesempio del filosofo moderno che vive con i piedi ancorati alla tradizione retorica e magico-alchemica, ma ha la testa oltre le nuvole dellirrazionale, in grado perciò di osservare limportanza delle arti meccaniche come principî di una razionalità che sarà alla base della modernità. Nel secondo volume ricordato, il progresso scientifico trova il suo fondamento in quelleccentrico rapporto tra i filosofi e le macchine che si sviluppa tra 400 e 700.
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