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Moschea in Duomo, gli islamici fanno retromarcia I capi musulmani all’arciprete Manganini: «Non volevamo mica provocare o mancare di rispetto ai cristiani» Intanto in piazza sfilano sinistra e arabi. Agnoletto: «Israele stato canaglia». Ma Majorino l

Non c’è pace in piazza Duomo. Si chiude una ferita, e se ne apre un’altra. Ieri nella Sala capitolare dell’arcipretura la Curia ha ricevuto gli organizzatori della manifestazione di sabato e i rappresentanti delle due maggiori comunità islamiche di Milano - Abdel Hamid Shaari per viale Jenner e Asfa Mahmoud per via Padova. L’incontro con Gianfranco Bottoni, responsabile diocesano per l’Ecumenismo, e con il suo delegato ai Rapporti con l’Islam Giampiero Alberti è servito da chiarimento dopo l’invasione musulmana di sabato scorso.
«Si rimargina una ferita» ha ammesso l’arciprete, monsignor Luigi Manganini, dopo che i partecipanti hanno messo nero su bianco la firma sotto questa formula: «Non era intenzione degli organizzatori compiere una provocazione o mancare di rispetto. Qualora questo gesto avesse ferito la sensibilità cristiana, di comune accordo esprimono il loro sincero rammarico». Shaari e Mahmoud hanno chiesto alla Curia di incontrare l’arcivescovo Dionigi Tettamanzi, anche «per ringraziarlo» per le parole con cui a Natale ha auspicato l’apertura di moschee cittadine. Joe Fallisi e Susanne Scheidt, militanti filopalestinesi promotori del contestato corteo di sabato «per i resistenti di Gaza», escludono problemi nella elaborazione di quella formule diplomatiche («sincero rammarico», «clima franco») che per loro «sostanzialmente possono essere considerate delle scuse» per ciò che molti hanno vissuto come un’offesa al sagrato del Duomo.
A pochi metri di distanza, proprio in piazza Duomo, i giovani palestinesi, marocchini e soprattutto egiziani, davano sfogo alla loro rabbia per la guerra in Medio Oriente: «Israele assassini, Israele bastardi, Palestina libera». Era la fiaccolata convocata da una miriade di sigle della sinistra politica, sindacale e pacifista, fra cui Arci, Acli, Legambiente, Cgil, Cisl. Un migliaio di persone. C’erano anche esponenti di primo piano del Pd e di Rifondazione comunista. Ma hanno monopolizzato la scena alcune frange filopalestinesi. Padroni della piazza erano i gruppi di arabi, che agitavano cartelli raffiguranti le vittime civili di Gaza, con la scritta «Olocausto 2009» e inneggiavano all’Intifada.
Nessun problema per i comunisti. L’eurodeputato di Rifondazione Vittorio Agnoletto dava volentieri la sua definizione di Israele, facendo volare parole forti: «È uno stato canaglia, da aggiungere alla lista compilata da Bush». Solo poco più prudente l’assessore provinciale del Prc Sandro Barzaghi: «Olocausto è una parola da usare con parsimonia, ma la striscia di Gaza oggi è un campo di concentramento».


Parole che i pd non potevano lasciar passare: «Chi brucia le bandiere e paragona Israele a uno stato totalitario - ha detto il capogruppo Pierfrancesco Majorino - è un pazzo o un fascista». «La situazione umanitaria è grave - conveniva con il collega di partito Franco Mirabelli - ma non si può paragonare all’Olocausto».

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