LE MOSSE DELLA POLITICA

Presidente Formigoni, da molte città della Lombardia arrivano segnali di tensione. Il Pdl è in difficoltà?
«È chiaro che la crisi con Fini e la scissione del Pdl hanno generato sconcerto, rabbia, scoraggiamento tra i nostri elettori e anche tra i nostri militanti ed esponenti. Non sottovaluto affatto il problema, dico che bisogna reagire: è il momento di rimboccarsi le maniche, essere spietati nelle analisi e nel riconoscimento delle responsabilità».
Di chi sono le responsabilità?
«Senza fare nomi e cognomi, questa spaccatura, avvenuta per motivi che ai più sono apparsi poco comprensibili, è stato un errore. Adesso, chi se ne è andato ha scelto un’altra strada, ma noi rimaniamo con tutta la volontà di ripartire e riscattarci».
Che cosa propone per far ripartire il Pdl?
«Creare un partito in cui finalmente ci sia dibattito, confronto, spazio per esprimere le idee. Il partito così non è ancora nato: chi vuole partecipare ed esprimere la sua idea non trova sedi di confronto, non c’è un luogo per spiegare le difficoltà. E questa è una debolezza».
Congressi a breve?
«Abbiamo deciso che i congressi regionali si devono fare entro Natale, perché hanno base ristretta. Per i congressi comunali e provinciali ci vuole più tempo: dobbiamo aprire una fase di tesseramento perché voteranno anche gli iscritti. In prospettiva, serve anche un grande congresso nazionale. Servono luoghi in cui la gente possa dare suggerimenti, critiche, contributi».
In realtà il consenso della gente non è mai mancato. Non crede che i problemi riguardino i vertici?
«È vero, abbiamo vinto tutte le elezioni, ma la crisi di cui io parlo risale all’estate. Sappiamo dai sondaggi che è aumentato l’astensionismo, che certamente riguarda anche la sinistra, ma noi guardiamo in casa nostra. Molta gente è rimasta delusa, non ha capito la separazione».
Teme un sorpasso della Lega?
«I sondaggi ci dicono che non c’è, che siamo ancora il primo partito in Lombardia. Però il rischio di un calo di consensi esiste, e non perché la scissione porti via molti voti. Il vero pericolo sono l’astensionismo e la disaffezione degli elettori. Per cui vorrei lanciare un grande segnale di mobilitazione: dobbiamo tornare a cercare i nostri elettori e responsabili per preparaci al voto amministrativo».
La Moratti propone un’ampia alleanza con Fli e Udc. Concorda?
«È chiaro che io auspico una grande alleanza, ma bisogna vedere se ci sono le condizioni. Sono dell’idea che le questione politiche scoppiate a livello nazionale vadano risolte innanzitutto a livello nazionale. Noi siamo un partito serio, che non agisce a macchia di leopardo».
Non le piace l’idea del laboratorio Milano?
«Non è il momento di laboratori ma di chiarezza. La gente è confusa, dobbiamo spiegarle quali sono i rapporti nel centrodestra. Se questa componente vuole solo logorare il governo, non saremo alleati né a livello nazionale né a livello milanese».
Nel Pdl impazzano le polemiche tra ex An ed ex azzurri.
«Vanno superate. Non nascondiamoci che in Lombardia il Pdl è stato creato soprattutto dall’apporto di Forza Italia e che l’anima di Forza Italia è di gran lunga maggioritaria: siamo 85 a 15, altro che 70 a 30. Ma abbiamo creato un partito unitario e tutti hanno pari dignità».
Come lo traduce nelle candidature per le amministrative?
«Andiamo a elezioni con la preferenza, saranno i cittadini a scegliere, non c’è problema».


A Milano il Pdl con la Moratti vincerà?
«Ci sono tutte le condizioni per vincere perché Milano è una città di centrodestra e non di sinistra. Ma guai a considerare il risultato garantito. Per questo dico subito il congresso regionale, poi l’apertura del tesseramento e la campagna elettorale».

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