In mostra la Pop Art secondo Warhol

Andy Warhol ebbe una storia d’amore lunga una vita con l’Italia. Amava le città, i monumenti, gli artisti italiani di ogni epoca. E furono proprio La nascita di Venere di Botticelli e San Giorgio e il drago di Paolo Uccello, ad ispirare Warhol per le sue due opere esposte a Palazzo Valentini fino al 14 maggio, in occasione della Festa di Primavera: Warhol prese i dipinti degli incunaboli del nostro Rinascimento e ne interpretò i particolari, come il volto della Venere, trasfigurato provocatoriamente, colorato a tinte forti. La mostra «Omaggio all’arte americana» propone alcune opere degli artisti statunitensi più rappresentativi dell’arte americana del secondo dopoguerra. Sempre di Warhol sono esposte le tre celebri immagini di Mao Tse Tung, che compongono l’opera omonima del ’72, in cui l’artista della Pop Art rappresenta l’incarnazione del comunismo e critica il culto dei politici. Gli scatti fotografici di Robert Rauschenberg, realizzati alla fine degli anni Quaranta, presentano in nuce e presagiscono un nucleo concettuale che sarà al centro della cultura della Pop Art: lo squallore della civiltà urbana.
E la città moderna, causa di disagio per l’artista, ritorna in un’opera «senza titolo» di Mark Tobey presentata alla mostra: «Sono un pittore americano - scriveva Tobey - non posso essere indifferente alle folle brulicanti, alle moltitudini, alle insegne al neon, ai cinematografi, ai rumori della città moderna, che pure odio». La bandiera americana, proprio perché incarnava la cultura del consumismo, viene svuotata del suo significato iconografico in Flag di Jasper Johns, artista che aveva un profondo legame con Rauschenberg.

Di quest’ultimo ancora un’opera, Widow (Shiner), che Rauschenberg realizzò a Napoli, sullo sfondo della lastra di acciaio le foto da lui scattate nella città partenopea, colta nella sua decadenza causata dalla modernità: una macchina distrutta, monumenti imbrattati, una poltrona abbandonata ed una tanica di benzina. Ingresso libero.

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