Un mostro terrorizza Manhattan in un’apocalisse priva di senso

Quando anche Manhattan sarà stata bombardata - come Amburgo, Dresda, Hiroshima, Nagasaki, Tokio, Treviso, Recco, Hanoi, Haiphong, Bagdad e Belgrado -, dall'Us Air Force, il Central park si ridurrà a un Cloverfield (campo di trifogli). E così s'intitola il film giovalistilico-apocalittico di Matt Reeves, che mescola reminiscenze dei Godzilla nipponici di mezzo secolo fa con Blair Witch Project, nello spirito pseudo-piccante di certi telefilm di Mtv, dove tutti ripetono ossessivamente di «fare sesso» e nessuno fa l'amore...
C'è dunque a Manhattan un gigantesco mostro che - non si sa perché - percorre su e giù le avenue newyorkesi, dando spallate ai grattacieli, invano preso di mira da fanti e aerei; e c'è la telecamerina sempre accesa di un ventenne che registra tutto. Il mostro è ermafrodito: da solo procrea mostricciatoli, che mettono in fuga tutti, uomini di grattacielo e topi di fogna...
Cloverfield ha il buon gusto di durare poco più di un'ora e venti minuti, ma i primi venti se ne vanno - lentamente - con una festa alternata a frammenti di vita (intima) precedente, rimasti impressi nella videocamera che si finge sia all'origine del film.
Già crollato nella Guerra dei mondi di Spielberg e in Io sono leggenda di Francis Lawrence, il ponte di Brooklyn crolla anche qui.

Ruzzola invece sul selciato la testa metallica della statua della libertà, come in 1997 Fuga da New York di Carpenter. Ma quello era ben altro film, di ben altra epoca per ben altre attese.

CLOVERFIELD di Matt Reeves (Usa, 2007), con Michael Stahl-David, Lizzy Caplan. 85 minuti

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