Le motivazioni del Tar per il reintegro di Petroni

Uno dei passaggi della sentenza: "Lo stato di stallo in cui versava il Cda della Rai costituisce un pretesto addotto dal ministro per capovolgere l’attuale rapporto fra maggioranza e minoranza all’intero dell’organo collegiale". A Petroni niente risarcimento

Roma - "Lo stato di stallo in cui versava il Cda della Rai costituisce un pretesto addotto dal ministro per capovolgere l’attuale rapporto fra maggioranza e minoranza all’intero dell’organo collegiale": è uno dei passaggi della sentenza con la quale il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di Angelo Maria Petroni contro la sua revoca dal Cda della Rai. Secondo i giudici amministrativi, la revoca è servita ad "assicurare - si legge nel provvedimento - la maggioranza alla componente che, pur essendo minoritaria, è rappresentativa delle forze politiche che sostengono l’attuale compagine governativa". Per tali motivi, il Tar ha ritenuto "fondata, perché adeguatamente documentata, la censura di carenza dei presupposti e di sviamento di potere" dedotta da Petroni sul presunto stallo dell’azienda di viale Mazzini.

Niente risarcimento I giudici hanno ritenuto di non riconoscere il danno alla persona fisica e quello esistenziale.

Nel primo caso, in quanto Petroni non "ha provato in giudizio di averlo subito e in quale misura"; né il danno esistenziale "che sarebbe stato provocato per essere stato indicato come inidoneo a svolgere l’incarico", giacché "il ministro dell’Economia non lo ha mai accusato di incapacità, ma, al contrario, ha pubblicamente speso nei suoi confronti e in sede qualificata parole lusinghiere, dichiarando dinanzi alla Commissione di vigilanza della Rai di stimarlo in quanto persona di qualità".

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