Enrico Lagattolla
Sembrava solo un tragico incidente, almeno allinizio. Moreno Saporito, artigiano di 39 anni, aveva perso la vita cadendo dalla sua moto. Via Lamarmora, 11 ottobre del 2004. Un fatto fortuito, si disse. Non per la Procura, che aprì unindagine prima contro ignoti, poi indicando le presunte responsabilità. E ora la chiusura di quelle indagini, che preludono alla richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di due funzionari di alto livello, il primo dellassessorato Traffico, il secondo dellArredo Urbano. Omicidio colposo, lipotesi di reato.
Secondo il pubblico ministero Marcello Musso, titolare dellinchiesta, Moreno Saporito si sarebbe potuto salvare. Innanzitutto se lo stato di manutenzione di via Lamarmora fosse stato adeguato. Poi, se a lato della strada non fossero stati collocati i «dissuasori della sosta», comunemente noti come «panettoni». E proprio la posizione di quei panettoni, secondo Massimo Maria Bardazza - lingegnere a cui la Procura affidò la perizia sullincidente - sarebbe stata «ingiustificata» e «poco previdente». La caduta dellartigiano, sostiene laccusa, sarebbe rimasta senza conseguenze mortali se non avesse incontrato ostacoli.
È lalba dell11 ottobre di un anno fa. Moreno Saporito svolta da via Caldara e imbocca via Lamarmora sul suo scooter Yamaha. Viaggia verso corso di Porta Romana a una velocità di 43 chilometri orari. Allaltezza del civico 5 perde il controllo del mezzo, viene «disarcionato», cade e comincia a rotolare fino a quando la sua corsa si arresta contro una fila di panettoni collocati al lato della strada. Diciotto dissuasori che restringono la carreggiata di un metro e mezzo. Lì va a sbattere violentemente. Un forte colpo al torace. «Gravi lesioni interne», dice il referto del Policlinico, dove viene subito trasportato. Alle 16.50 Saporito muore.
La ricostruzione fatta dai vigili urbani che intervengono sul posto è accurata e minuziosa. A seguito di diversi sopralluoghi, segnalano che esattamente nel punto in cui luomo perde il controllo dello scooter una lastra di pavé collocata accanto ai binari del tram sporge di cinque centimetri e oscilla pericolosamente. È quella pietra che fa cadere luomo, ma è sui «dissuasori» che lartigiano trova la morte.
Linchiesta del magistrato, che decide di non archiviare lepisodio come «atto non costituente reato», viene aperta allindomani dellincidente per individuare che sia il responsabile della manutenzione di quel tratto stradale, e chi decida di sistemare in quel modo i «dissuasori». Forse, quei funzionari a cui il vicesindaco De Corato, in una lettera del 29 ottobre del 2003 poi acquisita agli atti, aveva chiesto di rimuoverli perché antiestestici e pericolosi.
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