Facciamo due conti. Se mettiamo insieme i disoccupati, i lavoratori dipendenti, quelli dipendenti ma non a tempo indeterminato, gli autonomi, i professionisti, i lavoratori delle imprese con meno di quindici dipendenti sapete di tutto questo numerone che viene fuori che percentuale sono i lavoratori a tempo indeterminato? Un terzo. Mettiamo che in tutto siano ventiquattro milioni, quelli che hanno il cosiddetto posto fisso sono otto milioni.
Ora secondo voi i due terzi di questa somma che si chiama forza lavoro sono più vicini alle idee del centrodestra o del centrosinistra? Anzi, diciamola meglio: si riconoscono di più nelle idee di Romano Prodi o di Silvio Berlusconi? Infatti, se siamo incerti sui lavoratori dipendenti non lo siamo, viceversa, sugli altri italiani che fanno numero nella forza lavoro. Come è noto, a Vicenza, alla famosa riunione di Confindustria, la prima fila fatta da mega imprenditori e manager non applaudì Berlusconi. Tutto il resto dei presenti sì. Molti di quelli appartenevano a questi due terzi famosi. Ma ai due terzi appartengono anche tutti quei lavoratori che, indipendentemente dal voto che avevano dato a sinistra, non si riconoscono nei programmi economici del governo Prodi. Magari non hanno cambiato convincimenti politici e ideologie, ma hanno capito che con quelle politiche la vita delle loro imprese si fa sempre più difficile.
Questi due terzi della forza lavoro rappresentano gran parte della forza di Berlusconi e del centrodestra in Italia. Sbaglierebbe chi pensasse che questo è un ragionamento strettamente economico. Tuttaltro. Questi due terzi non hanno solo interessi di tipo economico ma hanno interesse a vedere riconosciuta la loro voglia di rischiare in proprio. In altre parole hanno voglia di avere a che fare con uno stato economico e con dei governi che prima di sospettare di loro dimostrino fiducia in quello che loro stessi hanno fatto, fanno e faranno per la società italiana.
Chi rischia, oggi, con questo governo, in Italia, deve assumersi anche il rischio di un rapporto sospettoso che lo Stato ha nei suoi confronti.
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