"Le lezioni di Todt, Schumi & C per fare grande l’Audi in F1"

L’ex Ferrari Mattia Binotto guida lo sbarco della Casa: "Quando decido penso a cosa avrebbero fatto Montezemolo e quegli uomini straordinari..."

"Le lezioni di Todt, Schumi & C per fare grande l’Audi in F1"

Oggi si chiama ancora Sauber, ma presto diventerà Audi a tutti gli effetti preparandosi a entrare in un mondo nuovo perché la casa tedesca ha vinto ovunque ha corso: rally, endurance, Dakar. Che cosa voglia dalla F1 è chiaro, lo chiede la sua storia. A guidare il team c'è Mattia Binotto che, accantonato frettolosamente dalla Ferrari, ha sposato la sua sfida più grande.

Le cose vanno bene.

«Stanno andando meglio, il bene deve arrivare».

In 14 gare avete fatto più punti di quelli ottenuti nelle ultime 2 stagioni. Era quello che volevate?

«L'obiettivo era di batterci ad ogni gara per i punti. Era un traguardo ambizioso anche perché ci stiamo concentrando soprattutto sul 2026 quando diventeremo Audi a tutti gli effetti».

Senza rivoluzioni nel team.

«Le persone sono rimaste le stesse ed è la cosa bella perché vuol dire che organizzando in un certo modo cambiano i risultati. Abbiamo cambiato metodo. È quello che fa la differenza».

Oggi i team principal sono trattati un po' come degli allenatori di calcio. Sta diventando un lavoro, ben pagato, ma rischioso.

«Quando sono entrato in Ferrari nel 1995 pensavo di rimanere per sempre in Ferrari, perchè quella era la mia azienda. Quando hai quel ruolo sai che non sarà più per sempre. Nel giorno in cui sono diventato team principal ho capito che prima o poi avrei lasciato la Ferrari. Questo è un lavoro molto esposto mediaticamente».

Beh in Sauber la pressione dei media è vicina alla zero, però la pressione Audi si farà sentire?

«Vero. Quando saremo Audi cambierà. Ci saranno la pressione mediatica e anche quella interna di un'azienda abituata a vincere».

Audi significa un passato vincente in ogni competizione. Peso enorme.

«Perché Audi non ha solo vinto. Ha vinto a modo suo, innovando. Pensate alle quattro ruote motrici nei rally, al diesel nell'endurance, all'elettrico alla Dakar. Ha vinto introducendo nuove tecnologie. Quindi penso che il peso della responsabilità non sia solo quello di vincere, ma di farlo in modo diverso rispetto a quella che è la Formula 1 oggi».

Vi siete dati 5 anni?

«Vogliamo lottare per il Mondiale nel 2030».

Da dove si comincia a costruire?

«Dalle persone. Siamo sottodimensionati rispetto ai top team perché questa è sempre stata una squadra privata. Ci mancano quasi 300 persone. E crescendo le persone devono crescere anche le strutture».

Quali sono gli ingredienti per vincere in F1?

«Ho la fortuna di essere stato in Ferrari nei tempi più vincenti con Montezemolo, Todt, Ross Brawn, Schumacher se c'è una cosa che faceva la differenza e che la farà sempre in un'azienda sono le persone, e la loro qualità dipende da come interagiscono tra di loro».

La continuità è fondamentale in F1?

«Il lavoro di costruzione di una squadra è lungo. Nel calcio puoi cambiare 11 giocatori molto più velocemente che 1500 persone in un team. Per costruire una squadra lavori sulla cultura, sui metodi, sui processi, sugli strumenti. Quello che serve in F1 è la pazienza».

La pazienza è quella che sarebbe servita in Ferrari tre anni fa.

«Lo dite voi».

E lo abbiamo anche scritto. Con Fred è andata diversamente, si aspettava la riconferma?

«Credo ce l'aspettassimo tutti. Abbiamo parlato di continuità, giusto avere pazienza».

Sorpreso invece di come sia finita tra Horner e la Red Bull?

«Nessuno se lo aspettava in questo momento».

Tocca a Mekies che lei aveva portato in Ferrari.

«Sono molto contento perché lo apprezzo e lo stimo».

Lei, Stella, Domenicali addirittura a capo della F1, prima Aldo Costa. Da quella Ferrari sono usciti tanti numeri uno.

«Quella Ferrari ha fatto scuola. C'erano persone straordinarie che ci hanno insegnato molto come mentalità, come approccio, come organizzazione. Ancora oggi io ogni tanto mi chiedo ma cosa farebbero loro in questa situazione. Penso al presidente Montezemolo, a Todt, a Ross e naturalmente a Michael».

Ha stupito il racconto di Hamilton sul dossier inviato ai tecnici, ma Schumi come si comportava?

«Non era solo un pilota, ma un leader per attitudine e mentalità. Tra lui, Todt e Montezemolo c'era sicuramente uno scambio continuo. Ma tutto restava all'interno del loro cerchio. Su noi tecnici Michael aveva un altro effetto: ci faceva alzare l'asticella tenendo molto alta anche la sua».

Ha scelto una coppia di piloti con un giovane, Gabriel Bortoleto, e un esperto, Nico Hulkenberg. È la ricetta giusta, ad Audi basterà o vorrà un top driver?

«Gabriel diventerà un top driver».

Racconta che gli parla spesso di Schumacher. Che qualità vede il lui?

«Un ragazzino così giovane ha bisogno di sapere. Lui è assetato e ha voglia di crescere ancora. In lui vedo un grande talento, è veloce. Lo dice la telemetria».

Rivede in lui quello che aveva visto in Leclerc?

«Il talento sì, ma l'attitudine è diversa. Non voglio dire che uno è meglio, solo che Gabriel è più posato».

Chi sono oggi i tre top driver in F1.

«C'è un top driver: Max. Fa la differenza».

Andrà in Ferrari?

«È il sogno di ogni pilota».

Pensa sempre che Piastri batterà Norris?

«Mi piace la sua freddezza nei momenti essenziali».

Come giudica il primo anno di Antonelli?

«Ce lo avevano proposto, ma non ero coinvolto nella scelta. Per lui è un anno difficile, perché indipendentemente dal talento che tutti gli riconoscono, è esposto alla pressione mediatica di un top team come Mercedes».

Da Charles si aspettava una crescita maggiore?

«Credo stia guidando molto bene, il suo talento è evidente ed è cresciuto molto nella gestione gomme».

Aveva detto che lei non avrebbe preso Lewis...

«Credo che Hamilton sia uno dei più grandi di sempre, ma in questa fase di carriera non sono sicuro che fosse la scelta più giusta».

Segue sempre le sue vigne in Trentino?

«Produco bianco e bollicine».

Le bottiglie giuste per brindare alla prima vittoria con Audi.

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