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MV Agusta, quel destriero da corsa che primeggiava nel mondo

La MV Agusta può vantare un palmarès unico, con 38 titoli piloti e 37 costruttori vinti a livello mondiale. La storia di un'eccellenza tutta italiana. I vari passaggi di proprietà fino al capitolo di Ktm

Giacomo Agostini e la sua MV Agusta 500 3C
Giacomo Agostini e la sua MV Agusta 500 3C

C’è stato un tempo in cui il suo nome incuteva un certo timore reverenziale, al solo pronunciare le sillabe della sua sigla gli avversari cominciavano a spaventarsi, coscienti che avrebbero potuto poco al cospetto di quelle perle figlie di una grande ingegneria, nonché veri capolavori di tecnica tutta italiana. Quelle moto erano disegnate per correre nel vento, per vincere ed emozionare, erano degli scattanti e fulminei destrieri in grado di regalare ai suoi “cavalieri” dei trionfi memorabili, a ogni latitudine mondiale. Le immagini e le foto di quel periodo d’oro sono un po’ ingiallite dall’inesorabile scorrere del tempo, ma le imprese rimangono scritte sulla pietra, così come sono nitidi i volti di coloro che hanno legato il proprio nome a quello della MV Agusta. L’azienda varesina ha un primato invidiabile, che è quello di essere la casa motociclistica europea più vincente, con un albo d’oro che recita ben 38 titoli mondiali piloti e 37 costruttori. Può vantarsi di aver avuto tra i suoi più celebri ambasciatori, assi del calibro di John Surteees, Gary Hocking, Mike Hailwood, Phil Read e soprattutto Giacomo Agostini. Quest’ultimo è probabilmente colui che ha intrecciato di più le sorti e le fortune con la MV Agusta, componendo un sodalizio inarrivabile per chiunque per allori iridati e per trionfi nelle più svariate competizioni, dal Motomondiale al celebre Tourist Trophy dell’Isola di Man.

Dalla prima vittoria alla scorpacciata di titoli

Non ci mette molto tempo la MV Agusta a mettersi in mostra, perché solamente un anno dopo la sua fondazione datata 19 gennaio 1945, grazie alla volontà e alle capacità imprenditoriali della famiglia Agusta già impegnata nell’aeronautica, le prime moto da corsa debuttano a livello agonistico. Inutile dire che sarà un successo. È l’ottobre del 1946, quando la prima moto 125 due tempi, derivata dal modello di serie del marchio varesino, taglia il traguardo al primo posto di una gara nazionale, a Valenza. È il preludio di ciò che avverrà da lì a poco, a quella cascata di vittorie che solo lei – ancora oggi - può annoverare. Un destino scritto nelle stelle, che diverranno veramente luminose a cominciare dalla vittoria che Franco Bertoni, vero apripista dei successi sportivi di MV, ottiene al Gran Premio delle Nazioni, disputato a Faenza nel 1948. Il primo acuto a livello mondiale arriverà nel 1952, quando Cecil Sanford si laurea campione del mondo nella classe 125 cc in sella alla moto italiana. A questo punto il conte Domenico Agusta sceglie di fare le cose in grande e di dare avvio ai suoi sogni di gloria affidando il reparto corse a uomini di provato talento, come Pietro Remor, brillante ed esperto ingegnere romano, e Arturo Magni, tecnico e direttore sportivo di grande carisma che diverrà il pilastro del settore agonistico. Grazie a queste figure di successo, si può dare l’assalto a tutte le categorie del motomondiale. E così accade. Le frecce rosso-grigie marchiate MV Agusta diventano inarrestabili e scrivono un domino unico in tutte le classi, sbaragliando una concorrenza fatta da Gilera, BMW, Norton e AJS. Arrivano contemporaneamente i titoli 125 cc, 250 cc, 350 cc e 500 cc nel 1958, 1959 e 1960. Il costruttore italiano ottiene poi tutti i campionati piloti nella classe regina, la 500 cc, tra il 1958 e il 1974. Il primo con il "figlio del vento", John Surtees, l’ultimo con Giacomo Agostini.

MV Agusta SBK
La MV Agusta nel mondiale Superbike

MV Agusta: l’addio alle corse

Per concludere un’epopea di gloria, solitamente serve un palcoscenico adatto alla situazione. Dunque, l’appuntamento con il fato è un evento prestigioso, nel quale bisogna fare riserva dentro di sé di una grande dose di coraggio. Per affrontare l’inferno verde, così viene chiamato il circuito del Nurburgring dove il 29 agosto 1976 si tiene il Gran Premio motociclistico di Germania, non bisogna solo essere dei talenti della sella, ma è necessario avere anche il cuor di leone. Questa è una delle piste più pericolose al mondo, perché lungo il suo asfalto che scorre nella placida foresta teutonica, si nascondono molte insidie. Sali e scendi frenetici, lunghi rettilinei, dove spesso si è costretti a buttare il cuore oltre l’ostacolo. Ed è in momenti come questi che il destino decide di premiare i più grandi, per chiudere un percorso vincente nel migliore dei modi. Quel giorno Giacomo Agostini porta la MV Agusta sul gradino più alto del podio, per l’ultima volta nel motomondiale. Un sigillo finale per la casa varesina nella classe regina, quella del mezzo litro, dove ha scritto la storia. Una gara epica in cui la morbida erogazione della moto italiana si sposa perfettamente con l’arte di pennellare le curve di “Ago”, magnifico interprete di questo mestiere. Sotto l’incerto cielo di Germania termina la stella vincente delle motociclette rosso-argento. Conclusa la stagione il reparto corse della MV abbandona la sua cavalcata, chiudendo con più di 270 Gran premi vinti all’attivo.

I vari passaggi di proprietà e il nuovo capitolo KTM

Nel corso degli ultimi trent’anni MV Agusta ha affrontato molte crisi finanziarie ed è passata di mano più di una volta. Nel 1992 fu acquistata dalla Cagiva di Schiranna, poi nel 2008 passò al gruppo Harley-Davidson. Una parentesi breve quella americana, dato che soltanto un anno dopo il sodalizio a stelle e strisce decise di vendere il brand italiano, che finì nelle mani della famiglia Castiglioni, che già in passato l’aveva guidata. Dopo varie vicissitudini, con prima Mercedes-AMG a fare da azionista di minoranza e poi la famiglia russa Sardarov, arriviamo all’attualità. L’austriaca KTM ha rilevato il 25% dell’azienda di Varese attraverso un aumento di capitale. Potrebbe essere l’occasione giusta per provare a rinverdire i fasti sportivi di un marchio leggendario, che ha tentato di rilanciarsi agonisticamente con alcune buone cose in Moto 2 e Superbike negli ultimi anni, senza però ripetere le imprese del suo grande passato. Non sappiamo ancora se sarà la svolta, ma con la testa possiamo fantasticare su futuro in cui immaginare le frecce rosso-argento tornare a dominare la scena anche nella MotoGP, battagliando con Aprilia, Ducati, KTM e tutta la batteria di orgogliose moto giapponesi.

Chissà che non possa davvero succedere.

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