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Il motorino coreano di sir Alex «Un segreto? Il brodo di rana»

«Macino chilometri senza accusare stanchezza grazie a una pozione magica... Scherzi a parte, ma la storia dell’estratto di rana bollita è vera. Mio padre me lo preparava tutti i giorni sostenendo che mi avrebbe temprato il fisico». Park Ji-Sung, 29 anni, sudcoreano, è il moto perpetuo dello United, un soldatino obbediente che ha stregato Ferguson guadagnandosi stabilmente una maglia da titolare. Park corre per tutte le prime donne dei Red devils, il compagno di squadra Evra lo chiama «il fantasma», perché appare all’improvviso e i suoi interventi sono quasi sempre provvidenziali.
Brodo di rane a parte, qual è la ricetta del suo successo?
«Un’ambizione sfrenata. Quasi non mi fermo ad assaporare una vittoria. Guardo avanti, cerco già quella successiva perché sarà migliore».
Chi è il suo punto di riferimento?
«Ho sempre ammirato Dunga. Sognavo di diventare un centrocampista come lui. Forte fisicamente, duro nei contrasti e con piedi educati».
E il suo idolo?
«Non c’è dubbio: Cha-Bum, il nostro eroe, il primo calciatore coreano a trionfare in Europa, quand’era titolare del Leverkusen che nell’88 vinse la coppa Uefa».
Parliamo di Champions, domani arriva il Milan all’Old Trafford. Timori?
«La nostra filosofia è rispettare la formazione sconosciuta come il grande club, ma se affermassi di aver paura dei rossoneri sarei bugiardo. La qualificazione è nostra».
Eppure il Manchester senza Tevez e Cristiano Ronaldo non sembra più quella fenomenale macchina da gol.
«Valencia e Owen non stanno facendo rimpiangere chi è partito, anzi. Senza dimenticare che pochi club al mondo possono permettersi uno come Rooney che riesce a cambiare la gara in qualsiasi momento. La nostra arma segreta si chiama Ferguson. Ci ha inculcato una mentalità vincente facendoci capire quanto sia fondamentale il collettivo».
La scorsa estate la stampa britannica sosteneva di un suo possibile trasferimento al Milan nell’eventualità della cessione di Pirlo al Chelsea. Solo gossip?
«Qualcosa di informale c’è stato, sapevo anche dell’interesse di Guardiola. Però non si è mai parlato di soldi. Li considero attestati di stima, ma ero sicuro che Ferguson non avrebbe mai approvato la mia partenza».
Manchester e Corea del Sud. In cento giorni lei si gioca una fetta di carriera.
«Sì, ma con lo United qualsiasi cosa accada avrò la possibilità di rifarmi nella stagione successiva. La Corea è un discorso diverso perché dopo il Sudafrica lascerò la nazionale».
Quella nazionale che con lei in campo eliminò l’Italia a Daejeon, quando il golden gol di Ahn rispedì a casa gli azzurri agli ottavi dei mondiali 2002.
«È stato scritto tutto e il contrario di tutto, soprattutto sull’arbitraggio. Se l’Italia però avesse giocato davvero ai livelli che le competono ci avrebbe travolti».


È vero che il governo coreano le ha intitolato una strada dopo la finale di Champions vinta sul Chelsea?
«Sì, da vivo fa una certa impressione. Spero in qualche altra dedica, magari dopo un eurogol domani sera al Milan...».

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