Los indignados? Roba di football, roba di Barcellona-Real Madrid. A metà di agosto se le suonano e se le danno. Josè Mourinho è il terzo uomo, portoghese, speciale, mattatore. Ha recitato la parte come soltanto lui sa. «El futbol es para hombres». Così ha detto a commento della sconfitta per 2 a 3 del "suo" Real contro il Barcellona nel ritorno della supercoppa. Che il calcio sia uno sport da o di uomini è una di quelle frasi da "macho" duro e puro quale il portoghese ritiene di essere. Ma vorrei chiedere a Mourinho che uomo pensava di essere quando si è indirizzato, lentamente e vigliaccamente, agendo alle spalle, verso Tito Villanova, assistente di Guardiola, mettendogli un dito nell'occhio per poi girare i tacchi e riguadagnare la posizione, osservando a distanza, con la bocca a cul di gallina come un guappetto di periferia, la reazione di Villanova. Il quale gli risponde con un colpetto alla schiena. Queste le immagini, senza alcun montaggio ad arte, un sospetto questo che ha creato un contenzioso tra la tv di stato e quella catalana.
Ma che uomo è colui il quale dice alla squadra di non assistere alla premiazione dei vincitori, a differenza del presidente madridista, Perez, rimasto in tribuna a fianco del collega catalando, masticando la vergogna di quei momenti. Che uomo è colui il quale, in conferenza stampa, ha detto di non sapere chi sia quel «Pico, Pito non so come si chiami lui», storpiando il nome, come faceva anche dalle nostre parti (Barnetta per Beretta, Lo Monaco e in Inghilterra con Wenger), con il disprezzo di un superiority complex infantile. Mourinho se la caverà, in Spagna non esiste la prova tivvù, l'arbitro nulla ha scritto nel suo rapporto. Ma ci sono cose che vanno ricordate a lui e agli avvocati che provano a difenderlo.
Il Real Madrid è stato la storia del calcio, ha 31 campionati spagnoli, 9 coppe dei Campioni, 3 intercontinentali, 18 coppe del re, 2 coppe Uefa, 8 supercoppe di Spagna, una supercoppa europea, una coppa di Lega. Il Real Madrid è stato il club di Alfredo Di Stefano, di Santiago Bernabeu, di Carniglia e di Muñoz, di Miljanic e di Boskov, di Capello e di Hiddink, di Zidane e di Ronaldo, di Hugo Sanchez, di Raul, di Butragueño, di Gento e di Puskas, di Kopa, di Zamora e di Del Bosque, di Netzer, di Schuster, di Michel e di Del Sol. Non credo possa diventare, così comportandosi, il Real Madrid di Mourinho perché la cronaca di mercoledì diciassette di agosto del duemilaundici non appartiene a un grande uomo e nemmeno a un grande allenatore quale il portoghese è. Mi ha fatto venire in mente quei compagni di scuola, vi sarà capitato, che fanno lo sgambetto nel corridoio, che ti rompono la matita sul banco, proprio quelli che ti mettono un dito nell'occhio. E non chiedono scusa, se la svignano, da vigliacchetti.
Mai si erano visti i calciatori del Madrid così feroci, aggressivi, nevrastenici e così la panchina, uguale a quella dell'Inter (ricordate?), pronta a scattare in piedi, come colpita da una scossa, ad ogni decisione dell'arbitro. Mai si era visto il brasiliano Marcelo ricorrere a entrate così pericolose, mai Ozil perdere la testa per una provocazione (di Villa e Valdes), mai Casillas così infuriato, mai Xabi Alonso e Khedira costretti a rompere, in tutti i modi, il gioco avversario e non a costruire il proprio. E' la filosofia di Josè Mourinho da Setubal, il motivatore, lo special one, con molte, troppe controindicazioni. Los indignados diventano i tifosi del Madrid e Florentino Perez sa di non poter tornare indietro, ha consegnato il potere totalmente al portoghese.
Mourinho ha scritto il prologo (dopo la prefazione di Alfredo Di Stefano) a un libro che si intitola "Biblia del Real Madrid". Un passaggio del suo pensiero dice: «Prima di ogni partita leggo sempre alcune righe della Bibbia. Non è un rituale e nemmeno una superstizione. Si tratta semplicemente di un sollievo per la mia anima».
Cito per i contemporanei: «Io sono la resurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà e chiunque vive e crede in me non morirà mai. Credi tu questo?». Giovanni 11.25. Per qualcuno: Josè Mourinho 17.8 . Alla prossima.
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