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Mourinho gioca a nascondino ma il Milan l’ha già scoperto

E dire che questa volta Mou sembrava averla fatta franca. Colpa di una giornata di campionato quasi interamente condensata in una serata o forse il concetto si era perso nel fiume di parole che illustravano motivi e colpe del passo falso della sua Inter. Fatto sta che quella frase, quella frecciata, non aveva ancora fatto breccia nel cuore del mondo calcistico. «Il Milan fino a poco tempo fa era considerata una squadra “piccolina”, ora, considerando anche la vittoria contro il Siena, è il favorito per il derby».
Ma il silenzio è durato solo qualche ora, poco più di un giorno. A richiesta («Mourinho dice che il Milan è favorito nel derby»), Adriano Galliani ha risposto: «Eh eh eh Mourinho è un furbacchione!». Questo non è il rumore dei nemici, è la battuta che, volontariamente o meno, inquadra alla perfezione l’allenatore portoghese.
Certo, l’1-1 contro il Bari lo pone due punti sotto Leonardo. Ovvio, se l’Inter è nella parte destra della classifica qualcosa può voler dire. Scontato, con un Ronaldinho così i ricordi non sono rosei (quasi un anno fa, 28 settembre 2008, José perdeva il suo primo derby ufficiale proprio con gol del brasiliano). E gli hanno anche portato via il pupillo Ibrahimovic. Però.
Però Mourinho ha in mano la squadra che ha chiuso davanti a tutti gli altri in Italia nelle ultime tre stagioni. Conseguentemente a una grande campagna acquisti è indicata come favorita da chiunque (Lippi, per un attimo, chiuda gli occhi). L’affare Sneijder è ormai sfumato, l’Inter avrà comunque il suo trequartista (Julio Baptista?), conosciamo tutti Moratti. A una prima analisi la domanda sorge spontanea: ma che vuole di più Mourinho dalla vita?
In realtà non vuole proprio niente. Mourinho è già contento della rosa che ha, della squadra che può mettere in campo. Sa pure di avere un dovere «minimo» (lo scudetto) e le carte giuste per ambire all’obiettivo «Massimo» (la Champions League). Ma non si accontenta: chiamatelo esagerato, pignolo, o anche furbacchione.
Meglio sparpagliare le carte, lanciare una cortina di fumo, qualcosa che confonda le idee; a volte, rovesciare la realtà. E allora parla di prostituzione intellettuale, si schiera con Zenga ma solo per dare contro a Ranieri e Spalletti (scorso marzo), a scudetto conquistato aveva detto: «Siamo stati forti e furbi come maratoneti». Intanto le acque si agitano, la gente si accalora, prende le sue parti o gli vomita addosso di tutto. E Materazzi in campo invece di Chivu chi se lo ricorda più?
In Inghilterra, dove non lo hanno dimenticato, prima della sfida contro il Manchester United di Champions avevano definito «cunning» il suo piano per dare scacco matto a Ferguson: «cunning», tradotto suona «furbo». Per aiutare la squadra la nasconde con le parole o si nasconde lui: nel 2005, al Chelsea, era squalificato e finì nel cesto della biancheria pur di parlare con i suoi ragazzi negli spogliatoi. Sentite Del Piero: «Sulla querelle con Lippi, sto col ct: Mourinho fa il furbo».
Il portoghese mette d’accordo cuore e cervello: tiene apposta questo atteggiamento ma allo stesso tempo gli viene naturale. Solo che deve stare attento, l’anno passato il tecnico furbacchione era una novità per il calcio italiano. Ora inizia a non esserlo più, c’è sempre chi ci casca e c’è chi invece riesce a decifrarlo. Galliani ci è riuscito, per esempio. Ma anche Gattuso: «Credo sia davvero un grande, se ne esce sempre con battute a effetto». Guarda caso, proprio due milanisti. Il derby incombe, il Milan è favorito ma il Milan non ci è cascato.

Sabato sera tireremo le somme.

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