nostro inviato ad Appiano Gentile
«È più importante il passato o il futuro?».
Uno che mette giù queste domande non può essere uno come un altro. Anche perché poi non si trovava alla Sorbona ma aveva un gruppo di astanti a mediocre quoziente intellettivo, così come si compete a una conferenza stampa pre partita. Ha colto un po tutti di sorpresa, italiani e inglesi, ma allo stesso tempo convinti di una sola cosa: che una simile domanda esigesse una pari risposta, almeno adeguata allattesa che aveva suscitato.
E Josè lha data.
Anche se ci è rimasto male, perchè era una di quelle domande pleonastiche, cioè complete e quindi inutili in quanto contengono già una risposta. Ma Josè si è sforzato e ha spiegato la sua versione della vita, una visione felice e ottimistica che aveva già anticipato sabato sera al DallAra: se i miei giocatori avranno la stessa gioia che ho io di giocare questa partita, il grosso del lavoro è già fatto. Testuale, ore 18,30 di sabato, con il Bologna ancora caldo.
Lo sforzo di Mourinho non è stato vano, tutti hanno capito cosa intendeva, man mano che spiegava: «A me non interessa sapere del Valencia, del Villarreal e del Liverpool. Io so che passeremo il turno e abbiamo buone chance per trovarci fra due mesi in finale». A questo punto avrebbe anche potuto alzarsi e salutare. Cosa mancava, la formazione? Ha dato anche quella e ancora un po dava anche gli undici del Manchester, si è fermato solo per rispetto verso Sir Alex Ferguson che forse non gli è così amico come i due ci vorrebbero far credere, ma resta un uomo che esige un certo riguardo e Josè a queste cose tiene moltissimo.
Poi nel calcio è facile cadere nelle contraddizioni, quindi meno cose si dicono e meglio è, lideale è lasciarle credere, muovere un po lacqua. Per esempio Sinisa Mihajlovic era stato ripreso perché diceva di sapere tutto dellInter, e Josè gli aveva ricordato che troppe informazioni fanno male al cervello, finisce che uno fa confusione. Quindi ieri non poteva certo raccontare che del Manchester sapeva vita e miracoli, prima di decretarne la morte. È rimasto sul vago, ha detto: «Lo abbiamo studiato in ogni piccolo particolare». Insomma non ha detto so tutto. Ma lo ha lasciato intendere alla sua maniera: «Loro sanno che non sono qui per vincere. Noi sappiamo che loro non sono qui per divertirsi». Carina la battuta, peccato che questa sera non si decida niente, lha detto proprio José, stando attento a non far cadere la concentrazione dei suoi: «Non è questa partita che dirà chi passa il turno, sarà lOld Trafford a deciderlo. Noi? Non cambieremo il nostro modo di giocare, sarà il Manchester a farlo. Cosa penso di loro? Penso che vincano perché gli avversari hanno paura».
Una bella raffica di autostima non ci sta male, anche perché allInter è clamorosamente mancata alla vigilia delle sfide con Valencia, Villarreal e Liverpool, proprio quelle che citava Mourinho e di cui ha detto che non gli importa molto, preferisce il futuro al passato, e Josè sente che questo è il suo momento, può osare, si vede già proiettato in avanti: «Non è importante eliminare il Manchester United, è importante vincere la Champions league».
E intanto che cera ha dato anche un paio di rimbalzi anche al Milan. Ma giusto perché tirato dentro per i capelli: «Ancelotti ha detto che sono lunico che ritiene regolare il gol di Adriano? Allora vuol dire che Ancelotti crede che tutti gli altri siano dei pirla: non si ricorda che Kakà era in fuori gioco nel derby dellanno scorso? E poi non capisco perché Adriano si prenda tre giornate per un pugno a Gastaldello, e Inzaghi no, anche se commette lo stesso fallo su Lopez che però non fa scena e non si butta a terra. Ancelotti è un allenatore fortunato, anche lui gioca con le parole». Scatenato Josè, ma lo aveva annunciato: «Ho adrenalina a mille che mi circola. Anche i ragazzi, lo sento».
Ma aveva già usato il medesimo trattamento per Wayne Rooney: «Perchè doveva essere squalificato dopo lultima partita contro lAalborg, quindi a San Siro non ci sarebbe stato». E poi ci si chiede cosa faccia la differenza in un allenatore.
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