«Il mucchio selvaggio»: quando la violenza è arte

Può la violenza parossistica «farsi spettacolo», rappresentazione emblematica di una condizione, di una determinata vicenda? Di primo acchito viene automatico rispondere no. Poi, di fronte a certe sortite cinematografiche - i film di Sergio Leone e più recentemente, quelli di Tarantino - il responso diventa problematico. Questa premessa per spiegare perché e come ad un'opera quale Il mucchio selvaggio, benché caratterizzata da una folta serie di immagini cruentissime, si debba riconoscere a chiare lettere che ci troviamo di fronte a un capolavoro. Certo, un simile giudizio vale sul piano critico-estetico, poiché su quello della vicenda - la dissennata, granguignolesca macelleria cui dà luogo la spuria congrega di mercenari e fuorilegge - non c'è alcun possibile equivoco: è la storia di un misfatto che tale resta, sotto ogni altro profilo.

Dunque i pregi, la peculiarità del Mucchio selvaggio stanno nell'estro concitatissimo della regia eterodossa di Sam Pekinpah e in un team di interpreti del tutto portentosi in ruoli grintosi ed estremi (Robert Ryan, William Holden, Ernest Borgnine, ecc).

IL MUCCHIO SELVAGGIO Warner Bros (due dvd), 19,99 euro

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