Antonio Lodetti
È nato in una baracca di Issaquena, nel profondo sud del Mississippi ed è cresciuto in una baracca della piantagione Stovall. Da laggiù, da un mondo dilaniato dal razzismo, è partito un contadino che, con il nome darte di Muddy Waters, è stato incoronato re del blues di Chicago e padrino del rock. La bellissima biografia Hoochie Coochie Man di Robert Gordon racconta la sua epopea, dai primi vagiti country blues a Clarksdale (cittadina frequentata da Tennessee Williams dove lapartheid distilla lessenza poetica del blues) ai trionfi di Chicago, dove rivoluziona il blues con linaudita ferocia della chitarra elettrica, le cui note restano sospese nellaria come lumidità del Delta. I Cant Be Satisfied è il suo primo inno di dolore e di battaglia; un blues composto nei campi di cotone, quando tirava laratro per 23 centesimi lora, trasformato nel 1948 in un brano dal ritmo rivoluzionario. Lo aveva già inciso, in versione acustica e col titolo I Bes Troubled, nel 41, quando John Work e Alan Lomax, lo registrano a Stovall. Quando vede Lomax con la sua grossa automobile, Muddy pensa: «Questo è un agente federale, qualcuno ha soffiato sul mio contrabbando di whisky». Invece è il primo passo verso la gloria, verso una tempesta musicale che ha travolto tutto e tutti, persino un «complessino» che si chiama Rolling Stones.
Muddy Waters, il mito che stregò gli Stones
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