Mulas e i suoi compagni di viaggio

Tra il 1954 e il 1972, l’anno precedente a quello della sua scomparsa, Ugo Mulas - nato a Pozzolengo, nel Bresciano, nel 1928 - fa il ritratto fotografico del panorama artistico internazionale attraverso le immagini delle Biennali di Venezia. Documenta allestimenti, personaggi, soprattutto testimonia cose concrete e impalpabili insieme: oggetti e luoghi ma pure quel clima giocoso di chi è in intimità con i protagonisti, fuori dall’ufficialità del grande evento. Una stagione dopo l’altra, il vario rapportarsi l’un l’altro di artisti, critici, galleristi, collezionisti, si fa trama fitta. La storia del dopoguerra nell’arte raccontata per attimi è oggi raccolta nelle sale del MAXXI, che espone una ricca selezione di foto dell’archivio Mulas. Se il filo conduttore è costituito dalle immagini veneziane, a fianco di esse molte altre vi sono esposte, per un totale di 300 fotografie, che riguardano differenti aspetti dell’attività di Mulas, divise in sezioni tematiche: ritratti, eventi, «Verifiche». Queste ultime, realizzate tra il 1970 e il 1972, sono in qualche modo riflessioni sul proprio mezzo espressivo compiute attraverso lo stesso mezzo, come se la fotografia pensasse se stessa, la propria definizione, la tecnica, l’ambizione, in un bilancio purtroppo conclusivo. La mostra è triplice; si sviluppa in due sedi, Roma e Milano (al PAC, Padiglione d'Arte Contemporanea), per concludersi in una summa torinese che si terrà da giugno prossimo. Si tratta, in realtà di un’unica mostra che focalizza solo in parte differentemente il lavoro di Ugo Mulas: hanno un profilo contiguo le due esposizioni e tratteggiano un percorso che dalla formazione milanese al Bar Jamaica, dove si riunivano gli intellettuali e artisti, si allunga a includere non solo Como, Roma, Spoleto, dove sono ambientati gli «eventi», ma gli Stati Uniti, in primo luogo New York, tutti da scoprire dopo la Biennale del 1964 con l’esplosione della pop art, in una ricerca documentaria puntuale perché storicamente affidabile e perché fatta di punti, di tratti minuti, si potrebbe dire se fosse un pittore.

Mulas racconta in frammenti con discrezione e, a volte, con delicata ironia che arte fanno i suoi amici scultori e pittori, da Consagra a Fontana, da Giacometti a de Chirico, a Lichtenstein; non solo, individua anche le direzioni più fertili. Non mira a raccontare tutto con l’immagine emblematica quanto a seguire il percorso creativo, spesso in sequenze.

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