Multe e veline: anche gli inglesi lo fanno

Lezioni di finto bon ton da Oltremanica

Multe e veline: anche gli inglesi lo fanno

Un ringraziamento particolare ad Adrian Michaels, giornalista, made in Great Britain, corrispondente del Financial Times, prima da New York e poi da Milano. Ha messo gli inglesi sull’avviso: le donne italiane sono sempre più ignude, nei film, nei cartelloni pubblicitari, in tivvù, dovunque e comunque. Ormai la femminilità è andata a donne dai facili costumi, si dovrebbe scrivere per restare in linea puritana e vittoriana. Adrian, chiamato così per nome trattasi di un collega, ha voluto strafare, ci ha messo dentro un po’ di tutto, come certi sguaiati pudding portati in tavola nel Paese suo, ma così scrivendo ha forse svelato i propri turbamenti.

D’accordo c’è troppa fregola in giro, i burka non sono cosa nostra, per il momento almeno, le tette al vento e le cosce in primo piano sono invece un must, un cult (cuntènt, Adrian?) del Paese che metteva le calze nere alle Kessler, ma Adrian quante volte, nella vita sua itinerante, ha preso in mano la terza pagina del The Sun? Qui compaiono, quotidianamente e doverosamente, figliole strepitose, quasi nude (la mutandina è l’ultimo velo concesso al decoro patriottico del sangue, sudore e lacrime), le girls vantano una didascalia con tanto di nome, età, si resta sempre under 25, e luogo di origine, per confortare il lettore e suggerirgli qualcosa per il week end, qualcosa di diverso dalla storica sbronza o dal noioso pomeriggio di giardinaggio. Gli inglesi non coprono più i termosifoni e le gambe del tavolo come volle sua maestà la regina Vittoria ma resistono ancora sui bidet, introvabili; essi, infatti, portano a posture sconvenienti forse addirittura per un’altra Victoria, ex Spice Girls, scarsamente rigida e osservante delle regole reali.

Secondo un’inchiesta di un periodico femminile londinese il 43 per cento delle donne inglesi al lavoro hanno fatto sesso almeno una volta con i loro colleghi e il 20 per cento lo continua a fare per necessità e progetto di carriera, sempre nello stesso sito, work in progress. Adrian lo sapeva ma ha preferito puntare al sud dell’Europa, d’estate l’argomento tira e attira. Io torno sull’isola. Dunque che dire di Joanna Gardiner? Chi è? È la direttrice di Elave, casa di cosmetici british che stava attraversando un momento di difficoltà, di immagine e di mercato. Ma miss Gardiner ha avuto l’idea giusta: si è spogliata, così ha suggerito ai suoi collaboratori, ha messo su un filmino che è entrato in circuito internet, la Elave ha visto moltiplicare le vendite, Joanna ha visto moltiplicare i contatti, quelli dei navigatori, I presume.

Qualcuno sa chi è Rebecca Loos? Ve lo dico io: è quella audace signorina, protagonista di The Farm, la nostra Fattoria, reality show di Channel Five, una vera crocerossina del sesso, capace di masturbare (con guanti, precisione ma prudenza massima) un maiale per prelevare il seme atto all’inseminazione artificiale: tutto in diretta tivvù, ore 22, quasi due milioni di ascolto, si fa per dire. Qualche giorno dopo entrò in scena miss Debba McGee per lavare il pene a uno stallone, con la esse minuscola nel senso di cavallo. A questo punto gli inglesi reagirono per difendere (testuale) «la dignità suina ed equina» e il programma non ebbe seguito, repliche, blob gettando nello sconforto gli altri inquilini della scuderia e della porcilaia.

Si potrebbe andare all’infinito sull’uso dei saponi e affini, presenti nei migliori negozi del centro londinese ma assenti nei peggiori bar e dimore della stessa capitale, oppure sulla qualità agghiacciante del cibo inversamente proporzionale al conto del medesimo presentato nei ristoranti, sulla quantità industriale dell’alcol tracannato dal venerdì pomeriggio al sabato notte, femmine comprese, tra pub e party privati, sugli hooligans e sui lords pervertiti, sul cravattaio di Tony Blair e Gordon Brown, sulle faide della famiglia Windsor in confronto delle quali la cronaca di casa Savoia è robetta da notizie in breve.

È un brutto momento dei rapporti tra i giornalisti inglesi e l’Italia. Giles Elgood lavora per l’agenzia Reuters e sta cercando di pagare una multa da un anno. Ottantatré euro per divieto di sosta nella Valle dei templi ad Agrigento.

Inizialmente aveva fatto il furbetto: «Non la pago, come gli italiani», poi gli è arrivato in Patria il bollettino e qui è incominciata l’avventura: telefonate mille, codici bancari sbagliati, intervento del consolato, raccomandata dei vigili urbani, interpreti vari, e mail, finale con l’incognita, gli 83 euro sono arrivati ad Agrigento ma il Comune siciliano ha scritto che la notifica non è valida per la chiusura della pratica, a un anno dall’accaduto, la valle dei Templi invita all’eternità. È la sfida di sempre, da Giulio Cesare a Winston Churchill da Benito Mussolini a Gianfranco Zola, da Frankie Dettori ad Adrian Michaels e Giles Elgood; tra inglesi e italiani è un braccio di ferro. Sorry, una Manica.

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