Lannuncio della riapertura della scuola araba, passata alla storia come «la scuola di via Quaranta» e ora ripulita nel look e trasferita in via Ventura, lascia sgomenti. Non più tardi di un mese fa il settimanale «Tempi» aveva infatti raccolto alcune inequivocabili dichiarazioni da parte di Aly Sharif, ex preside della contestatissima scuola. Rileggerle oggi può aiutare nel giudizio: «Via Ventura è una buonissima soluzione. La scuola che sorgerà in via Ventura proseguirà sulla stessa strada di via Quaranta». Se le parole hanno un senso e se la nostra abitudine ad utilizzare la ragione non è andata perduta, il caso è già risolto: le due scuole sono figlie non solo dello stesso metodo figlio dell'illegalità, ma probabilmente anche della stessa strategia culturale che ha già portato per 15 anni oltre 500 bambini a crescere secondo modelli educativi contrari alla nostra convivenza civile e alle nostre leggi.
Ha fatto dunque benissimo il provveditore agli studi, Mario Dutto, a sollevare il problema della mancanza dei requisiti minimi necessari per essere autorizzata. Ma ancora di più ha centrato il bersaglio il sindaco Moratti: questi signori, nascosti dietro nuove vesti, continuano a ricercare una distinzione culturale che è l'esatto contrario dell'integrazione etnica che stiamo ricercando. Quello che preoccupa non è però solo il fatto in sé. È invece il clima politico e culturale in cui questa vicenda si svolge. Oggi, esattamente come un anno fa, esiste dentro la città e in tutto il Paese una corrente minoritaria che fa di tutto per difendere questi indifendibili. La protezione ideologica, figlia del più confuso e utopistico multiculturalismo, giunge fino al limite di saltare a piè pari le più elementari norme di convivenza che la nostra società si è data. Dal punto di vista politico, la cosa è al tempo stesso pericolosa e ridicola. Pericolosa, perché per l'ennesima volta l'islam radicale si trova di fronte una civiltà che stenta a riconoscersi e che sembra voler arrendersi. Ridicola, perché chi si straccia le vesti quando si parla di parità scolastica e diritti delle famiglie rispetto all'educazione dei propri figli, oggi si mobilita per difendere i diritti di alcune famiglie musulmane a educare i propri figli secondo un modello di separatismo culturale figlio di un certo modo integralista di pensare alla religione. Ancora una volta due pesi e due misure: intolleranza per chi, cattolico o laico, vorrebbe non dover pagare due volte le tasse per mandare il proprio figlio in una scuola non statale; massima apertura per le famiglie che vogliono invece crescere i propri figli nella distinzione per la cultura occidentale.
*Coordinatrice regionale di Fi
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