Muore a 11 anni stritolato dall’ascensore

Schiacciato dal montacarichi a undici anni. Michele Zipponi è stato trovato dalla mamma. Aveva ancora la testa incastrata nella morsa di una «tenaglia» che non gli ha lasciato scampo.
Una tragedia per nulla annunciata: il ragazzino conosceva il funzionamento di quella sorta di ascensore che veniva usato per trasportare la legna dal piano terra al primo piano della villetta di San Giovanni di Polaveno, paese sulle montagne del Bresciano. L’aveva visto in movimento tante volte. Ma ieri, nel primo pomeriggio, non si sa bene perché ha voluto vedere più da vicino quella piattaforma scendere dall’alto, e ha infilato la testa in una finestrella per scrutare il cono buio.
Così almeno dovrebbero essere andate le cose. Anche se il dramma si è consumato senza testimoni. Solo rumori: quello leggermente stridulo del montacarichi che scende; quello leggermente preoccupato della voce della mamma Gabriella che non sa e nemmeno immagina e chiama il figlio perché è già l’ora dei compiti; quello del silenzio di una risposta che non arriverà mai.
Il papà Giuseppe non c’è: elettricista, addetto a macchinari di una pasticceria, è già andato al lavoro. La mamma non si precipita subito, non ne ha ragione. Per lei Michele è giù al piano terra che gioca dopo essere tornato da scuola. Se non risponde, si vede che non sente o è distratto dai suoi soliti giochi.
Eppure continua a non rispondere, ed è allora che in Gabriella spunta qualche timore in più, e lo va a cercare. Non chiama il montacarichi, lei non lo aziona; non avrà questo rimorso. Tutto in quel momento è già accaduto. Gabriella scende di sotto da una porta secondaria, e quando è davanti al montacarichi la scena di morte e sangue si riempie di dolore.
A San Giovanni di Polaveno arrivano i soccorsi con l’elicottero del 118. Ma il peso del montacarichi non ha lasciato scampo a Michele.
Provano disperatamente a rianimarlo, ma non c’è nulla da fare. Oggi faranno l’autopsia, ma non ci sono molti dubbi che la morte sia arrivata in quel modo e rapida. C’è forse da capire se, come sembra, è stato lo stesso bambino a mettere in moto il montacarichi, per poi ammirarlo mentre scendeva.
In un gioco inconsapevole e mortale. Chissà, magari un gioco già provato negli undici anni di vita in quella casa, comprata e ristrutturata dai suoi genitori proprio undici anni prima.
Si può immaginare lo strazio.
Tra la mamma e il figlio - raccontano in paese - c’era un rapporto strettissimo e speciale. Un legame profondo, che sembrava andare oltre quello che unisce normalmente una madre al proprio piccolo. Per lui lei aveva deciso di lasciare il lavoro e stargli vicino il più a lungo possibile. Ed è per questa stessa ragione che non aveva scelto per Michele il tempo pieno a scuola.

Ieri infatti era andata a prenderlo all’una, mezz’ora prima di cominciare a chiamarlo e a non sentire risposta.
Mezz’ora prima di preoccuparsi e di scendere e trovarlo, il suo Michele, con la testa sotto al montacarichi che usavano per la legna.

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