Muore sul banco degli imputati

L’uomo era accusato di aver ucciso una donna americana durante una lite per la figlioletta

Muore sul banco degli imputati

Muore d’infarto mentre lo interroga il pm. Dramma, ieri mattina, durante il processo di primo grado per la morte di Marie Toni Dikstre, una donna americana di 29 anni trovata cadavere il 28 luglio ’98 in una villa al Villaggio Tognazzi, Torvaianica. L’uomo, Carlo Alberto Ventre, 59 anni, risponde alle domande del pm Giancarlo Capaldo sulla dinamica del litigio per l’affidamento della bambina, concluso drammaticamente. Ventre, un imprenditore di Ostia, è tranquillo davanti ai giudici della I Corte d’Assise presieduta da Giovanni Muscarà, anche se dalla sera prima era preoccupato ma deciso a dimostrare la sua innocenza. Da tempo sofferente di cuore, improvvisamente l’imputato accusa un malore. Un cancelliere gli dà una bottiglia d’acqua, ma subito dopo si porta una mano al petto e si accascia a terra di fronte ai presenti sbigottiti. Arrivano il medico e un equipaggio del 118 ma per il poveretto non c’è nulla da fare. Sul posto anche il pm Francesco Scavo per il sopralluogo di rito. Ventre aveva subito un infarto 5 anni fa con una ricaduta nel 2003. «Si svolgeva tutto in modo tranquillo - spiega l’avvocato Roberto Leonardo, legale di Ventre -, il mio assistito raccontava l’inizio della sua relazione con l’ex convivente. Prendeva la cardioaspirina ma non sembrava un paziente a rischio. Aveva paura di emozionarsi perché sapeva che da questo processo sarebbero dipesi i suoi rapporti con la figlia. Un procedimento per lui infamante. Il soccorso è stato un po’ lento ma non c’era nulla da fare: è stato un infarto fulminante». Una storia agghiacciante che inizia con la sentenza di un giudice californiano che affida a entrambi la bimba. Ma la donna, secondo Ventre, vuole tenere Sara, chiamiamola così, a Los Angeles. Lui, invece, la porta in Italia, anche per fuggire dall’ex marito di lei, Alex Martinez, un messicano accusato di violenza carnale su minori appena scarcerato. Marie li raggiunge in Italia e avvia una battaglia legale. Un giudice italiano il 21 luglio ’98 affida Sara alla madre. Le liti continuano, fioccano le denunce. Ventre è accusato di aver rapito la bambina. Lui allora impugna il documento rilasciato dal tribunale americano, lei quello italiano. Quando, il 28 luglio, Marie va a Torvaianica e non trova la figlia, scoppia il finimondo. Ventre racconterà che era una furia. Alla sala operativa del 113, verso le 16, arriva una telefonata: «Correte in via Lago di Lugano, ho ucciso mia moglie». La scena che si presenta agli agenti di polizia lascia pochi dubbi: la donna a terra in una lago di sangue, sul pavimento un’accetta. L’uomo viene arrestato. Ma l’autopsia e i rilievi della scientifica ribaltano tutto. I due litigano perché la loro bambina è ricoverata al Grassi per una broncopolmonite. Marie afferra l’ascia e si scaglia contro Carlo. Lui si difende come può, ma nella colluttazione Marie finisce con la testa sulla mensola del camino. E muore sul colpo.

Omicidio preterintenzionale o eccesso colposo di legittima difesa? Le tracce di cuoio capelluto sullo spigolo in marmo fanno pensare a una disgrazia. D’altro avviso il gup Galileo D’Agostino, che nel dicembre 2005, su richiesta del pm Capaldo, lo rinvia a giudizio per omicidio volontario. La figlia, che oggi ha 11 anni, rimane affidata al fratello di Ventre.

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