Il ministro della Cultura in Francia è arrivato alle conclusioni dalle quali io ero partito nel breve periodo in cui fui sottosegretario ai Beni culturali in Italia. Con particolare turbamento di funzionari e direttori di museo avevo proposto la gratuità daccesso ai musei. Le mie motivazioni erano in un certo senso filosofiche, e puntavano a dare maggior fondamento alleducazione dei cittadini che prevede una pubblica utilità per le biblioteche mentre vede i musei come luoghi di piacere, facoltativi rispetto alla formazione. Come dire che nessuno pagherebbe per visionare e consultare un libro antico e tanto meno per leggere un classico come Dante o Machiavelli. Non si capisce, quindi, perché si dovrebbe pagare per vedere Botticelli.
Forse che il piacere estetico visivo ha un carattere più edonistico dei libri che nutrono lintelligenza? Forse che ciò che è bello è meno necessario di ciò che è buono? Sulla base di questa sottovalutazione del gusto estetico noi ci siamo abituati ad immaginare i musei come fonti di profitto, e facoltativa leducazione al gusto. Musei e mostre sono spettacoli che garantiscono un piacere che deve essere pagato.
Un diverso concetto deve aver guidato il governo inglese se musei non meno importanti di quelli italiani come la National Gallery e il British Museum di Londra sono a ingresso gratuito anche grazie a una battaglia condotta vittoriosamente da un illustre storico dellarte come Denis Mahon. Da noi non è avvenuto se non episodicamente e, per esempio, in tempi recenti, a Bologna, dove la percentuale di affluenza ai musei era così bassa che era più costoso pagare limpiegato della biglietteria. Così, razionalmente, accade che alcune amministrazioni, e Bologna lha fatto, scelgano, senza altri modelli, la gratuità dellaccesso ai musei.
Oggi la Francia, con una sperimentazione più radicale, dal 1° gennaio 2008 al 30 giugno 2008, ha stabilito la gratuità totale per le collezioni permanenti di 14 musei, fra i quali alcuni particolarmente importanti come il Museo Magnin a Digione, il Museo Nazionale di Limoges e alcuni prestigiosi musei parigini con aperture alternativamente gratuite e a pagamento. Tutti i giorni il museo Guimet, il museo di Arti e mestieri e il museo di Cluny. Il mercoledì il museo Nazionale dArte moderna, il venerdì il Louvre. Questultima decisione è particolarmente significativa per laltissimo numero di presenze del primo museo di Francia e forse dEuropa. Si stima che la decisione comporti una perdita di circa 2 milioni e 200mila euro, cui lo Stato francese risponde con unadeguata compensazione.
In Italia sarebbe certamente possibile. In parte lho stabilito per i musei di Milano, con leccezione delle collezioni del Castello che hanno un attivo di circa 600mila euro. È chiaro che lesercizio di un pubblico servizio deve comportare questa e ben altra spesa, ma il pregiudizio sul patrimonio artistico come nostro «petrolio» ha devastato molte menti un tempo pensanti, facendo dimenticare la finalità e lobiettivo dello studio della storia dellarte. Per questo liniziativa del ministero francese ha tutto il mio plauso, anche se per la quantità dei musei italiani e per il loro medio e grande interesse, è difficile immaginare che lintegrazione per i biglietti mancanti possa corrispondere alla piccola cifra di 2 milioni e 200mila euro. Ben più ampio il profitto derivante dal patrimonio artistico italiano e dal commercio che vi si muove intorno. Ma non è una buona ragione per perdere lopportunità di contribuire alla formazione del gusto estetico dei cittadini avviandoli nei musei gratuitamente e in orari serali. Chi in Italia lha sperimentato non ha potuto che compiacersene vedendo crescere il pubblico dei musei che potrebbe diventare anche stanziale se vi fossero servizi di ristoro, aree di soggiorno e di lettura che li rendessero ameni e gradevoli. In parte, a Milano, questo è stato realizzato alla Triennale dove non vi sono collezioni stabili, ma soltanto mostre temporanee. Cosicché i palazzi delle esposizioni potrebbero fornire lo spettacolo dellarte con allestimenti temporanei, mentre i musei potrebbero svolgere una funzione complementare alle biblioteche.
Vittorio Sgarbi