Il museo di Brera fa acqua E rischia pure Raffaello

I cittadini sono da tempo abituati a una Milano bifronte. Da un lato quella virtuale dei grandi progetti firmati dalle archistar, delle trasformazioni urbane a colpi di rendering e dei modelli internazionali; dall’altro quella reale dei cantieri fermi, dei musei irrealizzabili e delle strutture pubbliche sempre più fatiscenti.
Capitolo Brera. Mentre Mario Resca, il commissario straordinario sul «futuro», ha da tempo gettato la spugna sul sogno di una grande Pinacoteca («servirebbero subito 30 milioni per iniziare i lavori, ma da Roma non c’è l’ombra di un centesimo»), il vecchio museo fa acqua. Nel vero senso della parola. È di ieri la rivelazione che la grandinata abbattutasi l’11 giugno scorso sui tetti malandati di museo e Braidense, avrebbe messo a rischio nientemeno che uno dei pezzi da novanta della collezione, lo Sposalizio della Vergine di Raffaello, subito messo in sicurezza nei depositi per proteggerlo dalle infiltrazioni di umido.
Sovrintendente Bandera, che è successo stavolta?
«Niente di grave, per fortuna, diciamo che poteva andare peggio perchè il piovasco giugno ha intasato e fatto scoppiare il canale di scolo che corre proprio dietro il muro dello Sposalizio»
Dice davvero?
«Sì ma ero tranquilla perchè, essendo a rischio, quella parete è stata raddoppiata con un’intercapedine che fa da filtro. Per precauzione l’opera è stata spostata momentaneamente, ma non c’è stato alcun problema neppure a livello di climatizzazione»
D’accordo, ma dei tetti che fanno acqua si parla ormai da troppo tempo. Aspettiamo il disastro?
«In questo caso io non c’entro nulla perchè la questione riguarda esclusivamente la Soprintendenza dei Beni architettonici che in autunno dovrebbero provvedere al restauro della copertura. Un intervento necessario perchè ad ogni nubifragio si rischiano allagamenti soprattutto ai danni della biblioteca. Per rifare le coperture serve un milione e mezzo di euro».
Problemi strutturali, scarso personale, pubblico in calo. Possibile che per la nostra Pinacoteca non ci siano mai risorse?
«Il fatto è che il ministero dovrebbe consentirci di diventare polo museale (Brera più Cenacolo) così come è avvenuto a Firenze, Roma, Napoli e Venezia. Questo permetterebbe un’autonomia economica e amministrativa che ci metterebbe a disposizione quantomeno gli introiti dei biglietti, con la possibilità di fare qualche scelta migliorativa».
Se avesse soldi e autonomia da dove comincerebbe?
«Anzitutto dal personale che è assolutamente insufficiente: appena 185 dipendenti tra vigilanza e funzionari per le attività. I custodi, che devono coprire tutti i turni anche festivi e notturni, sono solo 130 e ne servirebbero almeno altri 30. E non è pensabile che stagisti e volontari possano svolgere ruoli determinanti. Poi affronterei altre urgenze».
Tipo?
«Andrebbero rifatti gli impianti per le utenze ordinarie che oggi ammontano a oltre 800mila euro l’anno. Soltanto il condizionamento dell’aria ci costa spese folli perchè siamo costretti ad utilizzare addirittura l’acqua potabile. Servirebbe poi un nuovo corpo frigorifero per la climatizzazione del museo. Ne abbiamo a disposizione soltanto uno e se si dovesse guastare...»
Se il pubblico scarseggia ci saranno anche altri problemi da affrontare, diciamo, sui contenuti del museo...
«Per la verità l’afflusso di visitatori è andato risalendo ultimamente, a circa 250mila l’anno. Però certamente ci sarebbe tantissimo da fare».
Lei che farebbe?
«Anzitutto istituirei un degno programma didattico per attirare il pubblico anche con sistemi multimediali che permettano - tanto per fare un esempio - di mostrare in alta definizione i particolari della nostra collezione. Poi avvierei una serie di mostre per valorizzare i capolavori di Brera e anche focus specialistici sulle opere grafiche e i disegni. Andrebbe recuperato all’interno del palazzo uno spazio espositivo anche per mostre contemporanee e di scultura, sfruttando pure il loggiato. Sogno tanto una mostra di Henry Moore a Brera».
Sognare non costa nulla. Dica la verità, alla Grande Brera non crede più?
«Mah, fin dall’inizio ho alternato su questo progetto momenti di ottimismo e pessimismo.

Adesso francamente, con tutto quello che è successo, i tagli e la crisi economica, la vedo malissimo. L’unica speranza dovrebbe risiedere nell’Expo, una vetrina internazionale che non può lasciare al palo un museo come questo. Ma purtroppo non dipende da me».

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