La musica riconquista i film muti

Lavoro di precisione alla Cineteca sulle vecchie pellicole per musicare le proiezioni con pezzi d’epoca e moderni

Luca Pavanel

Accompagnare La corazzata Potemkin con gli assoli di una chitarra elettrica. È stato fatto anche questo esperimento, tanto insolito da far «ricapottare» il ragionier Fantozzi, e non solo lui. Forse i più integralisti dei «new deal» culturali hanno resistito. Ma nella sonorizzazione dei film muti, quel che tira forte oggi come ai tempi dei fratelli Lumière e dintorni, è sempre il pianoforte.
Personaggi come Cretinetti e Charlot, per esempio, o film ormai classici come Il gabinetto del dottor Caligari, Nosferatu e Giovanna D’Arco» rivisti, corretti e riproposti con sottofondo live e senza sparare sul pianista. «Questo tipo di spettacolo ha fatto la sua ricomparsa molti anni fa - attacca il jazzista Antonio Zambrini, uno dei due musicisti arruolati dalla Cineteca Italiana per musicare le proiezioni -. E, progressivamente, è diventato sempre più seguito». Motivo? «Il cinema uno ce l’ha in casa: un video e clic, si va in poltrona. Ma la voglia di uscire resta».
Oggi uno dei templi di questo intrattenimento è proprio lo Spazio Oberdan. Basta dire «film muto con musica» e saltano fuori mille esempi. Da Metropolis di Fritz Lang, accompagnato da una trasposizione per piano, a Il fiacre numero 13, serial avant lettre del 1916, rianimato con voci appassionate e tremanti. Fino a esperimenti davvero singolari, un documentario di fine Anni Venti «rumorizzato».
«Siamo andati a cercare materiali d’epoca - spiega Matteo Pavesi, conservatore della Cineteca ed erede ideale del fondatore, il regista Luigi Comencini -. Esiste una "banca del rumore" in Internet, lì si trova un po’ di tutto». Ora in pentola sta bollendo un lavoro di storia. Tutto nasce dal diario di un soldato: prima guerra mondiale, il fronte che ormai è una macelleria, musica giusta da cercare. «Si lavora su documenti rari - conclude Pavesi -. I suoni? Vedo canti popolari dell’epoca...». Niente da improvvisare, per questo giro. Ma quando si spengono le luci e tocca ai pianisti? «Improvviso quel che vorrei in quel momento ascoltare - spiega Zambrini -. Le mie fonti sono il jazz, penso agli autori del Novecento storico, al post-tonale, a Hindemith». Nino Rota, Fiorenzo Carpi, Ennio Morricone: la storia delle note al cinema.
Di diversa scuola è la collega di questo jazzista con i «baffi»: Francesca Badalini, diplomata al Conservatorio in pianoforte, studia composizione e suona la chitarra elettrica in un gruppo. Alla Cineteca lei c’è arrivata perché un suo compagno di università aveva smesso di suonare. «La prima volta fu una grande emozione - ricorda -. Sala piena, occhi addosso, mi divertii tantissimo».
Il repertorio: «Vengo da studi classici, il mio stile resta quello». Francesca la sonorizzazione l’ha anche studiata, frequentando una scuola. «In realtà era un corso nell’ambito di un festival che si tiene in Friuli - racconta -. L’esame finale? Farsi le ossa davanti al pubblico». Tanti gli angoli dedicati alla sonorizzazione. «C’è stata una proliferazione - spiega Massimo Privitera, caporedattore del periodico Colonne sonore - e c’è persino una nicchia di produzione cd e video, registrati in loco».

Dulcis in fundo, le chicche non mancano. Frugando nella memoria si scopre persino un film senza suoni girato dal papà del regista Sergio Leone. Musicato da chi? Nientemeno che da Giuni Russo, la cantante di Un’estate al mare.

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