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Da "Puttana" a "Vado al Massimo", tutte le canzoni cambiate al Festival

Da Vasco Rossi a Loredana Bertè, passando per Nicola Di Bari e i Nuovi Angeli: tanti sono stati i "predecessori" di Madame

Da "Puttana" a "Vado al Massimo", tutte le canzoni cambiate al Festival

Mica solo Madame e il testo della sua canzone cambiato all’ultimo. Come si capisce dall’intervista dell’artista a La Lettura del Corriere della Sera (“chiusa” prima dell’annuncio ufficiale di Amadeus in diretta venerdì 16 su Raiuno a Sanremo Giovani) il brano si intitolava “Puttana”. All’improvviso è diventato “Il bene nel male” ed è stato un cambiamento così frettoloso da essere fatto poco prima della diretta. “È stata una scelta artistica dell'ultimo minuto – hanno spiegato dall'entourage della cantautrice - condivisa con la direzione artistica". Pare che sia stata la stessa Madame a non “ritrovarsi” più nel titolo e a cambiarlo poco prima dell’annuncio. La “parolaccia” comunque resta nel testo proprio come fu per “Signor tenente” che aveva la parola “Minchia” nel titolo ma che Giorgio Faletti, su consiglio di Pippo Baudo, decise di togliere pur lasciandolo ripetutamente nel testo.

In ogni caso la storia del Festival di Sanremo è piena di variazioni in corsa. Chiamatele come volete: censure, autocensure, eccessi di zelo oppure cambiamenti che resistono nel tempo. Ad esempio, il testo originale di "Vado al massimo" (esordio di Vasco al Festival nel 1982) comprendeva i versi “Vado in Messico, voglio andare a vedere se come dice il droghiere, laggiù masticano tutti foglie intere” che da allora diventarono “laggiù vanno tutti a gonfie vele”. C’è chi, come Enzo Jannacci e Paolo Rossi, cambiò il testo della canzone in modo estemporaneo. Il loro brano in gara nel 1994 (I soliti accordi) aveva nel testo questi versi: “In fondo alla strada ci son tre ladroni, sembravano onesti sembravano buoni, eran solo furboni. Il primo gridava Forza Italia!". Però poche settimane dopo erano in programma le elezioni politiche con il neonato partito di Silvio Berlusconi così, per evitare pericolose allusioni, durante le esibizioni sul palco il gigantesco Jannacci cambiò all’occorrenza con “Forza Thailandia!” e persino con un epocale “Viva Baudo”. Ma questi sono episodi più o meno recenti, come quelli legati a “Luca era gay” di Povia (2009) o ‘Sulla porta” di Federico Salvatore che nel 1997 fu caldamente consigliato di sostituire “Sono un diverso, mamma, un omosessuale” con il più neutro “Sono un diverso, mamma, e questo ti fa male”.

Molto più spettacolare, come sempre, Loredana Bertè che nel 1997 avrebbe voluto iniziare il pezzo “Luna” con un “Vaffanculo Luna” che, solo per la gara, fu trasformato in un inspiegabile “Occhiali neri, Luna”. In realtà la “censura” (o chiamatela come volete) al Festival è vecchia quasi come il Festival visto che già nel 1959 gli organizzatori fecero cambiare i versi originali di Tua di Jula De Palma “Tua sulla bocca tua, dolcemente mia” con i più neutri “tua ogni istante tua, dolcemente tua”. Però lei dal vivo fu troppo “passionale” nell’interpretazione. Risultato: ricevette migliaia di lettere di insulti e, su pressione anche del Vaticano, il brano fu vietato in radio. Roba dell’altro mondo, se vista con gli occhi di oggi. Naturalmente non fu l’unico caso. Tutti ricordano il meraviglioso pezzo di Lucio Dalla e Paola Pallottino “4/3/1943” che avrebbe dovuto intitolarsi Gesù Bambino e fu molto cambiato prima della gara. Ad esempio “Giocava alla Madonna, con il bimbo da fasciare” diventò “Giocava a far la donna” e infine “E ancora adesso che bestemmio e bevo vino, per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino” fu disinnescato con i più innocui “E ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto sono Gesù Bambino”.

I casi di Nicola Di Bari e di Franco Fanigliulo

Ma nello stesso anno (1971) pure i Nuovi Angeli subirono la scure festivaliera. Il loro pezzo “Donna Felicità” (con il testo di Roberto Vecchioni) scatenò la commissione selezionatrice grazie a “Scommettiamo che lo so a chi darà la rosa” e “La divertiremo noi col gioco delle noci intorno al fuoco”. Addio Festival per i Nuovi Angeli, anche se il brano poi fu uno dei più grandi successi dell’anno. Un po’ meno fortunato come vendite è stato l’anno dopo “I giorni dell’arcobaleno” di Nicola Di Bari che parlava della scoperta delle sessualità da parte di una ragazzina. Figurarsi la reazione della commissione selezionatrice. Era il 1972 e subito i 13 anni del testo diventarono 16 e si cambiarono anche i versi “giacesti bambina, ti alzasti già donna” nel più innocuo “tu eri bambina”. Alla fine tutti contenti, pure Nicola Di Bari che tra l’altro vinse l’edizione.

Diverso il caso di "A me mi piace vivere alla grande" di Franco Fanigliulo che nel 1979 avrebbe voluto cantare “Foglie di cocaina, voglio sentirmi male" e invece si accontentò di un surreale “Bagni di candeggina, voglio sentirmi uguale". Droga nel mirino anche per “Voglio l’erba voglio” del dimenticato Francesco Magni che si è presentato a Sanremo con l’inequivocabile “Chi si tira una pera solamente il dì di festa” ma poi giustamente cantò solo un incomprensibile “Chi fa il gallo solamente il dì di festa” (però nella serata finale rispolverò il verso originale e la Rai non se lo dimenticò).

Insomma, la “Puttana” di Madame è soltanto l’ultimo cambio repentino di testi e titoli al Festival di Sanremo. E chissà quante altre “censure”, piccole o grandi, non sono mai state rivelate. È giusto? È sbagliato? Difficile da dire. Di certo ora si tratta di decisioni volontarie o quantomeno “concordate” e non più imposte dall’alto. Però rimane il fatto che nei film e nei libri, tanto per fare due esempi, il linguaggio ha spesso molta più libertà di quello consentito alle canzoni pop.

Forse urge un rinnovamento anche qui.

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