Il musicista «fobico» che odiava suonare Wagner

Marco Risi firma la regia dell’adattamento della commedia «Il contrabbasso» scritto da Peter Suskind. In scena Maurizio Micheli nei panni di un artista troppo ansioso

Laura Novelli

Autore del celebre romanzo Il profumo, da cui è stato tratto l’omonimo film appena uscito nei nostri cinema, il bavarese Patrick Süskind deve la sua fama anche a una pièce teatrale dai timbri agrodolci che risale all’84 e che, sulle scene italiane, si era vista in un allestimento realizzato alcuni fa per il festival di Spoleto. Adesso, a offrirci una nuova versione del Contrabbasso sono Maurizio Micheli e il regista cinematografico Marco Risi, artefici di uno spettacolo attualmente in cartellone al Piccolo Eliseo che risulta, a nostro parere, un po’ troppo «tiepido». Non perché non abbia una sua decisa personalità. Tutt’altro: la regia di Risi aderisce con totale convinzione alla verve comica di Micheli (anche adattatore del testo insieme con Annabella Cerliani) e, così facendo, favorisce continui slittamenti cabarettistici, continue battute «facili». Tanto che il protagonista della commedia, il musicista fobico e ossessivo Franz Tricarico, sembra possedere una fisionomia del tutto simile a quella del Micheli-mattatore che ben conosciamo: bravo caratterista brillante, qui senza dubbio in ottima forma pur se, in certi passaggi, eccessivamente compiaciuto. Siamo certi che questa sottolineatura ironica risponda a una scelta voluta e ponderata, ma non possiamo negare che il testo, già di per sé non particolarmente affascinante, perda in spessore e in profondità. Il monologo del meticoloso contrabbassista - interrotto solo da qualche breve battuta affidata al giovane ragazzo capitatogli in casa e trattato come un aspirante allievo (lo interpreta con efficace distacco Federico Vigorito) - racconta l’impossibilità di essere felici e di affrontare in modo armonioso il rapporto con il mondo (un mondo dominato dall’opportunismo e dalla sopraffazione) e con gli altri. Tricarico suona nell’Orchestra di Berlino (metafora della società), odia Wagner e vive in un piccolo appartamento completamente insonorizzato che lo isola dall’esterno e dal frastuono della città (semplici ma raffinate le scene di Francesco Scandale). Il suo microcosmo maniacale e inattaccabile nasconde però insoddisfazioni e fragilità profonde, che vengono a galla proprio quando il confronto si fa più serrato con il contrabbasso: strumento possente e sensuale che qui assurge a simbolo non solo del corpo femminile (amato e insieme odiato) ma anche di disillusioni ostiche da digerirsi.

In costante equilibrio tra abbandono e controllo, questo «artistoide» psicotico di fine Novecento ci parla in definitiva di noi e di quella raggelante paura dell’altro che tanta parte ha nella crisi dell’uomo moderno.
Repliche fino al 29 ottobre. Informazioni:06-4882114.

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