Cronache

«Musso, carta vincente del centrodestra»

«Musso, carta vincente del centrodestra»

«C’è un solo modo, da parte del centrodestra, in vista delle prossime elezioni comunali, per rompere il monopolio della sinistra al governo di Genova: fare una scelta netta, razionale, non fegatosa. Che significa: puntare su un candidato vincente».
Ci faccia il nome, onorevole Alfredo Biondi.
«Io dico Enrico Musso. Per almeno tre ragioni fondamentali. Innanzi tutto è dotato della necessaria autostima, è colto, particolarmente esperto nei campi dell’economia e dei trasporti, e poi è dotato di forte autonomia».
Basta per conquistare Tursi?
«C’è anche altro, e non è un aspetto secondario: il senatore Musso ha dimostrato di avere un forte seguito popolare. E, infine, non è un opportunista».
Però è stato eletto nelle file del Pdl, ha voltato presto le spalle. Ed è rimasto a Palazzo Madama.
«Voglio semplicemente ribadire che Musso ha dimostrato di non essere uno “yes man“. D’altronde, la Costituzione parla chiaro, i parlamentari rappresentano la Nazione ed esercitano le funzioni senza vincolo di mandato. Può dispiacere, ma la politica non è come il matrimonio che è un sacramento: la politica è un contratto, e non è indissolubile».
Altri candidati sindaco, nel centrodestra, non ne vede?
«Per vincere, continuo a pensare a un’aggregazione della destra e del centro intorno a un candidato come Musso. Lui ce la può fare».
Contro Marta Vincenzi?
«Contro chiunque. Fosse il sindaco attuale, il suo competitore, o fosse pure Roberta Pinotti o altri».
A proposito: il Giornale ha svelato la pazza idea del ticket Musso-Pinotti o Pinotti-Musso, che lo stesso Musso ha in qualche modo confermato come tutt’altro che inverosimile. Lei che ne pensa?
«Sarebbe una bella coppia! Se parliamo di estetica, ne penso benissimo... Scherzi a parte, mi pare invece un’ipotesi politicamente improponibile».
Il senatore, comunque, vuole correre da solo. Magari alla testa della lista civica «Oltremare». Che dovrebbe fare, allora, il Pdl?
«Guai se il Pdl esprimesse per interesse un nome qualsiasi, che finirebbe per fare da stampella alla sinistra».
... col rischio di ritrovarsi Marta. Cioè, il nulla.
«Marta Vincenzi, al di là di colpe specifiche che le vengono attribuite per quanto riguarda l’alluvione, non ha cambiato, né tanto meno migliorato nulla, in questi anni. Dico di più, anche se può sembrare un paradosso: la sindaco è stata una vera e propria conservatrice».
Guerra totale, dunque, contro questa sinistra?
«Io preferisco parlarne in termini di avversari, non di nemici. Del resto, il discorso locale vale, a mio parere, anche a livello nazionale».
Vuol dire, onorevole Biondi, che le piace l’esecutivo Monti?
«Un momento. Parafrasando Aldo Moro al contrario, parlerei di governo delle divergenze parallele. Il professor Monti ha formato una squadra in cui ci sono alcuni esponenti validi e altri che mi sembrano piuttosto degli “imbucati“. Fra i primi, metto indubbiamente il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri e quello della Giustizia Paola Severino che conosco personalmente».
Sugli altri, invece, stendiamo un velo pietoso.
«Diciamo che li conosco meno. In ogni caso, per uno come me che, anche dopo essersi staccato dal Pdl, resta nell’ambito del centrodestra, è evidente l’equivoco gigantesco di un esecutivo che deve conciliare l’inconciliabile, e che ha una fiducia a corrente alternata, non a corrente continua come sarebbe indispensabile nell’attuale congiuntura politica ed economica».
Per un cambio di passo, insomma, serve una prospettiva diversa.
«...quella di una forza autenticamente cristiana (non democristiana), sociale, liberale».
Come quella che auspicate voi del Partito liberale?
«Appunto. Io sono, per così dire, tornato a casa, nel Pli dove ho militato dall’origine del mio percorso politico. Continuerò a battermi per questi valori, che fra l’altro sono il tema del convegno organizzato il 3 dicembre prossimo, a Mondovì, dall’Unione dei Liberali di Centro. Ho fiducia che si potrà ricostituire una realtà politica coerente nel centrodestra.

Ma dobbiamo recuperare un discorso unitario».

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