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Musso se ne va a Finilandia: «Nel Pdl cesarismo assoluto»

(...) a squillare: tra deputati, senatori e dirigenti del partito ho raccolto 37 telefonate di chi mi invita a stare nel Pdl o ad andare con gli scissionisti. Farò quello che mi ispira la coscienza». In tutto questo c’è il progetto Oltremare e la candidatura a sindaco di Genova 2012 che torna di stretta attualità adesso che la sua collocazione è cambiata: «Ne parlerò con i soci della Fondazione, ma a settembre» sintetizza Musso che chiede ai suoi elettori (e a quelli del Pdl) di scrivergli email e lettere per sapere cosa pensano del suo abbandono.
«Musso faccia la sua strada» è la reazione sintetica del deputato Pdl Sandro Biasotti che alla riflessione se a questo punto il professore universitario sia fuori dai giochi risponde: «Era già uscito dai giochi tempo fa». Giorgio Bornacin, esponente del partito berlusconiano a palazzo Madama (che con Musso ha condiviso per due anni il viaggio in Intercity per Roma ogni martedì mattina), è scettico sulla scelta del collega: «Deve tutto a Berlusconi e Scajola e ha fatto una scelta del genere? Davvero incomprensibile - tuona l’ex di An -. Non capisco cosa volesse. Magari essere osannato a sindaco senza confrontarsi con il partito? Se taccia Berlusconi di “Cesarismo” si renderà conto di cosa significa stare con Fini».
Più in generale sulla divisione tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini gli altri parlamentari liguri sembrano pensarla tutti allo stesso modo. Anche gli ex di Alleanza Nazionale per nulla trasportati dall’idea di seguire quello che fu il leader di Msi e An: «Quando nel 2006 sono arrivato alla segreteria regionale del partito già auspicavo la nascita di un partito che contenesse sia Forza Italia sia An: figuriamoci se mollo», parole e musica di Eugenio Minasso, onorevole e vice coordinatore regionale del Pdl: «Ogni grande partito, quando si è trovato davanti a scelte importanti, ha lasciato pezzi per strada - sottolinea Minasso -. Oggi abbiamo la possibilità di rinsaldare il partito eliminando chi remava dall’altra parte». Contento del chiarimento interno anche Giorgio Bornacin, una vita nella destra italiana, una vita vicino a Gianfranco Fini: «Mi resta il rammarico personale di vedere un amico e compagno di tante battaglie finire così, come l’espressione della peggiore partitocrazia - si sfoga Bornacin -. Anche quelli che lo seguono hanno perplessità.

Senso di riconoscenza a Fini? Non scherziamo, io ero già consigliere regionale che lui non veniva eletto neanche nel consiglio di quartiere». Dispiaciuto ma più sereno è Sandro Biasotti che chiude «Io l’avrei cacciato un anno fa, Berlusconi è troppo liberale».

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